Didier Fassin. Le vite ineguali. Ed. Feltrinelli, Milano, 2019.

Introduzione

 Quali sono le pre-condizioni sociali e politiche che permetterebbero di instaurare un ordine più umano? La forma di vita del capitalismo esprime un modo di esistenza degradato. Le incertezze di un mondo in perenne stato di agitazione servono a legittimare qualsiasi forma di esclusione e repressione. Queste vicende della vita democratica si ripercuotono in modo molto diseguale sulla vita delle diverse persone. Quale valore attribuiamo alla vita umana come nozione astratta? E quale valutazione facciamo della vita umana come realtà concreta? 


 Le forme di vita, per essere comprese, richiedono l'immersione in una data cultura (secondo la filosofia del linguaggio), l'accordo nel linguaggio ordinario. 6 giovani uomini vivevano a Calais in uno spazio di 6 m2 nella speranza di potere entrare nel Regno Unito. Nel 2016 c'erano 70 milioni di rifugiati nel mondo, la maggior parte in Africa, Asia e Medio Oriente, non nei Paesi occidentali. Le forme di vita dei rifugiati richiedenti asilo e immigrati irregolari non descrivono solo le condizioni invivibili di qualche persona, ma riflettono anche uno stato del mondo. E' il risultato delle malattie e della mancanza di credibilità delle nostre democrazie contemporanee che rinnegano i principi che stanno alla base della loro stessa esistenza. 


Non esistono fondamenti normativi universali per la morale. La morale è sempre culturalmente circoscritta, storicamente situata, dipendente dalle circostanze. 


 Conclusione

 Abbiamo a che fare con una gerarchia delle vite implicitamente stabilita o esplicitamente ammessa. E' questa gerarchia che consente di sminuire, stigmatizzare e brutalizzare alcune vite. E, nel contempo, di favorirne altre. Considerare la vita nella prospettiva della disuguaglianza offre una nuova possibilità di comprensione del mondo sociale e anche nuove possibilità di intervento. Permette di passare dalla compassione al riconoscimento della ingiustizia. Quelli che vivono ai gradini più bassi della scala sociale non soffrono solo per le privazioni, ma anche perché la loro alienazione non viene enunciata per quello che è. Non ci sono solo le esperienze delle umiliazioni e del disprezzo, ma anche la difficoltà e la lotta per il riconoscimento. Perché siamo incapaci di vedere il mondo per quello che è? Secondo il pensiero critico di Marx e Horkheimer siamo prigionieri di un'ideologia che non ci consente di emanciparci dalle logiche, dagli interessi e dai poteri che ostacolano l'analisi della nostra condizione. Bisogna, perciò, trasformare il mondo. Secondo Nietzsche e Wittgenstein, invece, siamo vittime dell'abitudine e del conformismo che non ci permettono di riconoscere il carattere arbitrario e contingente dei nostri valori, delle nostre norme e delle nostre rappresentazioni. Bisogna, perciò, cambiare la nostra prospettiva sul mondo. Un cambiamento di prospettiva sul mondo non esclude la possibilità di trasformarlo. Capire cosa significa la disuguaglianza di trattamento delle vite umane deve far parte dell'impegno intellettuale e politico di ciascuno di noi.