Prologo: dove inizia l'inaccettabile.
Qual è il giusto equilibrio tra libertà ed equità, tra diritti e doveri? Cosa rende la nostra vita più degna di essere vissuta? Occorre promuovere una modalità di riflessione sull'etica sociale, una modalità di cui occorre precisare lo statuto e delimitare le ambizioni.
La scienza ragiona su ciò che è; l'etica si riferisce a ciò che deve essere.
Le risposte alle questioni scientifiche (domande fattuali) sono costituite da giudizi di fatto e assumono la forma di enunciati dichiaritivi. Le risposte alle questioni etiche sono invece giudizi di valore e assumono la forma di enunciati normativi, prescrittivi e valutativi.
Gli imperativi categorici sono enunciati normativi per eccellenza (non tanto nel senso che si applicano in ogni circostanza, ma perché non dipendono, come gli imperativi ipotetici, dall'accettazione di un determinato fine che potremmo benissimo non sottoscrivere). Gli imperativi ipotetici, invece, costituiscono un categoria particolare di enunciati descrittivi.
La questione chiave è sapere fino a che punto interpretiamo ciò che diciamo come qualcosa che implica un imperativo categorico piuttosto che un imperativo ipotetico.
L'etica economica riguarda le istituzioni (le regole legali) e i comportamenti relativi alla sfera economica, ossia "l'insieme delle attività di scambio di beni e servizi e di produzione e distribuzione associate a questo scambio"
L'etica sociale coincide con la filosofia politica e si occupa del modo in cui dovremmo organizzare collettivamente la nostra società. Un livello intermedio di etica è rappresentato dalle deontologie professionali. Nessun enunciato normativo può essere fondato su enunciati descrittivi, su proposizioni fattuali, su giudizi di fatto. E' impossibile da un punto di vista logico, come già affermava David Hume (1751).
Es. di rifugiati politici. Possiamo dire che è vero che dobbiamo accoglierli? Potremmo ricordare che è alta la p di persecuzione nei loro Paesi e che il disagio che ci arrecano è molto inferiore al beneficio che traggono dalla nostra accoglienza. Tutto vero, ma ciò non fonda l'enunciato normativo, a meno che si aggiunga un principio generale, una premessa normativa: "Ogni essere umano ha il diritto di vivere in condizioni di sicurezza". Come fondare, allora, gli enunciati normativi per distinguerli dalle mere opinioni (NDR meta-etica emotivista: etica come questione di gusti)?
Nelle nostre società irreversibilmente pluralistiche l'etica non può fondarsi né sulla teologia morale né sulla antropologia filosofica, ossia su una teoria della natura dell'uomo in grado di pronunciarsi non solo su ciò che è l'uomo, ma anche su ciò che dovrebbe essere. Si deve percorrere la strada della ricerca di un "equilibrio riflessivo". La discussione su questi temi deve fare uso di argomentazioni, non di dogmi né di assunti apodittici. La ricerca dell'equilibrio riflessivo è ricerca di coerenza, l'esigenza di formulare esplicitamente e nel modo più semplice possibile un insieme di principi che conferisca unitarietà e coesione all'insieme dei giudizi morali che vogliamo difendere e siano difendibili. Una componente rilevante dell'etica sociale è la teoria della giustizia, intesa come l'insieme dei principi che reggono la definizione e la ripartizione equa dei diritti e dei doveri tra i membri della società. Non si pone il problema più vasto e complesso di cosa sia una società buona, né si interroga sulla moralità dei comportamenti adottati da individui e organizzazioni. Si può difendere una concezione di società giusta che non poggi su una concezione di società buona, al contrario dell'etica tradizionale di ispirazione cristiana che ritiene giuste quelle istituzioni che promuovono una concezione cristiana della vita buona.
Gli uomini vengono concepiti come responsabili delle proprie azioni e liberi di darsi delle finalità e di attribuire un senso alla propria vita all'interno di una cornice istituzionale che coordini le loro azioni.
Si possono individuare 4 approcci di etica economica e sociale basati su principi che vogliono caratterizzare le istituzioni giuste anche se le tradizioni in cui tali approcci si iscrivono non rinunciano a visioni perfezionistiche della società buona.
Le teorie dell'etica: l'utilitarismo
L'utilitarismo è stato a lungo l'unico quadro teorico di riferimento su cui si è sviluppata la riflessione etica degli economisti. E' il riferimento fondamentale dell'etica economica e sociale. E' erede dell'illuminismo, profondamente influenzato dall'empirismo inglese. Propone l'abbandono di ogni idea di diritto naturale e di ogni metafisica omnicomprensiva: nessuna autorità può decretare ciò che è giusto e buono per l'umanità. Contano solo gli stati di sofferenza o piacere vissuti dagli esseri umani. E' un'etica consequenzialistica; le azioni, politiche ecc..., sono valutate in base al criterio della conseguenze: dovrebbero tendere alla più grande "utilità" per il maggior numero di individui. E' un consequenzialismo "welferista". Jeremy Bentham è il fondatore (1789) e dà un'interpretazione edonistica di utilità. John Stuart Mill (1861) allarga questa interpretazione per includere tutto ciò che dà senso alla vita umana (il piacere estetico o intellettuale o la sofferenza psichica o spirituale). La teoria viene poi sistematizzata da Sidgwick (1874).
Nelle versioni contemporanee l'utilità di un'alternativa è definita come l'indicatore della soddisfazione che la persona si aspetta di trarre dal soddisfacimento dei suoi obbiettivi (le sue preferenze, che non devono essere contraddittorie, ma razionali). L'utilitarismo è, a un tempo, individualistico (nel senso che l'utilità collettiva viene concepita come la somma delle utilità individuali) e anti-individualistico (nel senso che esige che l'utilità collettiva prevalga sempre sulle utilità particolari: non ammetterebbe, ad esempio, per nessuno l'uso della propria auto se ciò si risolvesse in un effetto negativo sul benessere complessivo).
L'utilitarismo è una teoria universalistica perché tiene conto con eguale peso delle preferenze di ciascun membro della specie umana. Esso tiene anche conto delle generazioni future. A questo proposito ci sono 2 versioni:
a) l'utilitarismo classico, della somma delle utilità;
b) l'utilitarismo contemporaneo della media.
Esempio: confronto tra una politica che mantenga costante il numero della popolazione mondiale e raddoppi il livello medio di benessere e un'altra politica che triplichi la numerosità della popolazione e riduca alla metà il livello medio di benessere. L'utilitarismo classico sceglierebbe b), quello della media sceglierebbe a).
L'utilitarismo presuppone che sia risolta la questione della misura dell'utilità e cioé:
1) ciascun individuo possiede un solo criterio per valutare le differenti opzioni possibili (ipotesi della cardinalità)
2) i criteri di valutazione dei diversi individui siano comparabili tra loro (ipotesi della comparabilità interpersonale). Per Sen questi problemi possono essere risolti per via pragmatica.
La questione delle diseguaglianze nell'utilitarismo.
Concentrare l'attenzione sulla somma o sulla media da massimizzare può portare a trascurare la questione delle diseguaglianze. Ma un principio fondamentale per l'utilitarismo è che l'allocazione dei beni che massimizza la somma delle utilità è necessariamente tale per cui le utilità marginali di tutti gli individui devono essere uguali.??
L'utilità marginale è il guadagno di utilità di cui godrebbe un individuo se ricevesse una unità supplementare del bene che deve essere allocato. La somma delle utilità è massimizzata solo se è impossibile, attraverso la riallocazione di un bene, aumentare l'utilità di un individuo più di quanto si riduca quella di un altro.
E' ragionevole pensare che le funzioni di utilità siano decrescenti in funzione del reddito e della maggior parte degli altri beni.
Perciò, ad esempio, la redistribuzione del reddito verso i più poveri accresce l'utilità aggregata. Ma attenzione:
1) possono esserci alcuni che attribuiscono, ceteris paribus, all'aumento del reddito un valore maggiore;
2) l'utilitarismo, data la sua natura consequenzialistica, va oltre una prospettiva statica per interrogarsi sugli effetti a lungo termine.
Un eccessivo egualitarismo potrebbe avere conseguenze negative sull'utilità media o aggregata non offrendo stimoli sufficienti allo spirito d'iniziativa. L'utilitarismo si trova perciò in una situazione di tensione nei confronti dell'egualitarismo.
Meglio sarebbe se la massimizzazione non fosse riferita alla semplice somma delle utilità, ma a una funzione lineare in cui maggior peso è assegnato alle utilità delle persone che hanno una dotazione inferiore di reddito (o di bene, es. salute)
Utilitarismo e diritti umani.
Che fine fanno i diritti umani se la loro sussitenza, secondo l'utilitarismo, dipende solo dalle conseguenze che hanno sul benessere degli individui?
Secondo alcuni gli effetti di un singolo atto (ad esempio la violazione di un diritto) possono essere pienamente apprezzati solo se lo si considera come l'applicazione o la violazione di una regola.
Rispetto all'utilitarismo dell'atto, l'utilitarismo delle regole permette di attenuare il conflitto tra le implicazioni dell'utilitarismo e la nostra adesione intuitiva all'idea che esistono dei diritti inviolabili. Ma non riesce a risolvere tutti i problemi. Il diritto, infatti, non può che essere giustificato in virtù delle conseguenze più o meno contingenti provocate dalla sua violazione. Attenzione, però, che nella nozione di benessere possono essere inclusi anche valori come eguaglianza, giustizia e libertà..Inoltre, eventuali intuizioni morali si basano e derivano proprio dagli assunti dell'utilitarismo, per cui potremmo eventualmente revisionarle...
La ricerca di un equilibrio riflessivo passa attraverso la formulazione di teorie rivali sorte negli anni 70 che hanno aperto il dialogo con l'utilitarismo.
NDR Vocabolario con diversi significati in ambito utilitaristico:
efficacia= utilità
efficienza= utilità/costi
equità= dare di più a chi ha maggiori bisogni accresce l'utilità aggregata perché maggiori sono i benefici marginali per chi ha minori dotazioni
Il libertarismo
Si ispira in parte al pensiero liberale classico di John Locke. Solo a partire dagli anni 70 si è costituito come alternativa vera e propria all'utilitarismo, sotto l'impulso di filosofi ed economisti nord-americani come Robert Nozick. Il punto di partenza del pensiero libertario è rappresentato dalla dignità fondamentale di ogni individuo. Tale dignità risiede nell'esercizio sovrano della libertà di scelta che deve svolgersi all'interno di un quadro coerente di diritti. Per il libertarismo l'ideale di una società giusta è la libertà; per l'utilitarismo, la felicità.
I diritti sono intesi fondamentalmente come diritti di proprietà.
A) Il primo principio di un sistema coerente di diritti di proprietà è il pieno diritto di proprietà di sé stessi. Esistono solo 3 restrizioni:
1) non si ha il diritto di vendere sé stessi in schiavitù perché sarebbe in contrasto con una società libera.
2) Va avversata ogni forma di paternalismo (eccetto che verso i bambini o gli incapaci di intendere e volere)
3) E' legittimo restringere la libertà di chi minaccia la proprietà degli altri.
B) Il principio di giusta circolazione dei diritti di proprietà. Il libertarismo non si pronuncia sull'uso che deve imporsi, dal punto di vista morale, del corpo, dei talenti, delle capacità di cui ciascuno è proprietario. Esso, infatti, non aspira ad altre pretese che di caratterizzare le istituzioni giuste. I diritti di proprietà sono legittimi quando vengono acquisiti tramite transazioni volontarie. NDR E' il possesso che conferisce un significato pratico all'esercizio della libera scelta. Esistono anche qui delle restrizioni. La transazione volontaria non esclude solo la coercizione, ma anche la frode. Non è, invece, obbligatorio che la transazione avvenga in condizioni di informazione perfetta (NDR è difficile il confine tra frode e informazione perfetta: una mezza verità equivale a una mezza bugia?)
C) Il principio di giusta acquisizione iniziale. Viene rispettato quando il principio di giusta circolazione è valso nelle transazioni precedenti. Il principio riguarda le risorse naturali, ma può riguardare anche le idee. Una restrizione è dovuta a John Locke secondo cui una persona non può prendere possesso di una parte della natura se non lasciando agli altri presenti e futuri una quantità sufficiente e di qualità equivalente. Quindi l'acquisizione di una risorsa naturale è illegittima se coloro che vengono privati della possibilità di acquisirla si trovano in una situazione peggiore di quella in cui si troverebbero in uno stato di natura, dove tutto è accessibile a tutti. Quindi, una compensazione accordata ai non acquisitori può rendere legittima un'appropriazione. Per Nozick, comunque, l'impatto positivo dell'acquisizione privata del suolo sull'agricoltura e l'industria è tale che non può essere messa in discussione l'inferiorità dello stato di natura rispetto a un regime di produzione privata.
La valutazione di una società giusta non si basa su criteri consequenzialistici né su una particolare configurazione di società. La valutazione è solo procedurale e si basa sulla storia: la situazione è il prodotto di una procedura corretta e di uno sviluppo storico giusto?
D) C'è anche un principio di rettificazione. Non si può accettare l'attuale status quo perché è inestricabilmente ingiusto. Occorrerebbe un azzeramento, una ripartizione egualitaria di tutta la ricchezza disponibile prima di effettuare una nuova partenza.
Secondo il libertarismo lo Stato dovrebbe essere minimo con la funzione di assicurare il rispetto dei diritti di proprietà. Il libertarismo non presuppone una concezione capitalistica del sistema economico. In una società piccola e poco differenziata il dono e lo scambio fra produttori indipendenti sono sufficienti a fornire la coordinazione richiesta. Ma in una società vasta e complessa solo il capitalismo e il socialismo, assegnando il controllo dei mezzi di produzione rispettivamente a proprietari privati e allo Stato, possono assicurare la coordinazione necessaria tra domanda e offerta. Ma la restrizione della proprietà privata dei mezzi di produzione viola il principio della giusta circolazione dei diritti di proprietà. Nel nostro contesto socio-economico, quindi, il libertarismo si abbina al capitalismo. Nel libertarismo, quindi, si trova una componente filosofica importante e particolarmente radicale del neoliberismo, un insieme eterogeneo di argomenti e teorie che giustificano un maggior ricorso al mercato, a detrimento dei poteri pubblici. Lo Stato non deve curarsi né di politiche culturali né di politiche sociali ed economiche. Nemmeno sarebbe consentita una legislazione antitrust. Nessuna restrizione sui traffici internazionali né alle emigrazioni sarebbe permessa. Si arriverebbe, perciò, a implicazioni paradossali. Si escluderebbe la tassazione per finanziare un sistema di insegnamento, si cancellerebbero le misure anti-trust a detrimento della concorrenza. Si assume che una "società giusta", secondo i principi del libertarismo abbia tendenza spontanea a diffondere la ricchezza su larga scala attraverso un processo di diffusione discendente e di azioni caritatevoli.
Ma di che natura è questa libertà che caratterizza la dignità umana? Si tratta di una libertà formale perché una libertà effettiva comporta la garanzia dei mezzi per esercitarla, tipo livelli adeguati di istruzione, di salute, di disponibilità economica..
Il libertarismo riflette semplicemente una concezione particolare della legittimità dei diritti di proprietà, basata sulla loro genesi storica.
Il Marxismo.
Se i libertari criticano l'utilitarismo perché limita le libertà e i diritti individuali, altri criticano l'utilitarismo e il libertarismo perché non rispettano abbastanza il valore dell'eguaglianza. La tradizione marxista assume il criterio dell'eguaglianza a fondamento della sua concezione di giustizia sociale.
Il marxismo consiste nell'unione di 2 teorie, nessuna delle quali accampa la minima pretesa etica:
- il materialismo dialettico, una teoria metafisica che attribuisce al principio di contraddizione un ruolo centrale nell'interpretazione dell'essenza profonda della realtà;
- il materialismo storico, una teoria generale della storia per cui la natura dei rapporti di produzione (feudale, capitalistica, socialista) determina lo sviluppo delle forze produttive, cioé la crescita della produttività del lavoro.
Materialismo: concezione filosofica o storica per cui le costruzioni ideali riflettono le condizioni economiche e materiali di una società.
Materialismo storico
La storia è vista come un processo materiale in cui "ciò che gli individui sono coincide immediatamente con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo come producono". Vale a dire "ciò che gli individui sono dipende dalle condizioni materiali della loro produzione". Il motore della trasformazione storica risiede quindi nello sviluppo delle forze produttive (struttura) e nel fatto che esse entrano in contraddizione con i rapporti sociali già costituiti, con l'assetto di potere e con le idee dominanti (sovrastruttura). La rivoluzione comunista, allora, non è l'iniziativa di un gruppo di individui, ma il necessario esito di un preciso processo storico: l'esasperazione della sua condizione di sfruttamento nella società capitalistica porterà il proletariato a organizzarsi politicamente e a opporsi in modo rivoluzionario contro il sistema capitalistico per realizzare l'avvento finale della società comunista.
Il marxismo non si limita a spiegare o a prevedere ciò che è stato, è o sarà nella realtà economica e sociale, ma vuole anche affermare ciò che deve essere. Intende articolare un progetto la cui realizzazione viene presentata come qualcosa di desiderabile, per cui valga la pena impegnarsi, lottare e sacrificarsi. Marx risulta ambivalente rispetto a un approccio normativo. In alcuni passaggi manifesta la sua adesione etica a una società migliore e più giusta, in altri, invece, si limita a considerare la superiorità di una società socialista, più razionale rispetto al modo anarchico e dispersivo di produzione della società capitalistica.
Qual è il contenuto del progetto etico marxista pertinente con l'etica economica e sociale?
1) Abolizione dell'alienazione attraverso il passaggio ad un regime di abbondanza perseguito tramite il socialismo. L'alienazione si realizza perché le attività umane non hanno il loro fine in sé stesse o non concorrono all'auto-realizzazione di chi le esegue, ma sono strumentali alla soddisfazione di bisogni materiali. Nel regime di abbondanza la società si identifica nello slogan "Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni". Le attività lavorative saranno sufficientemente leggere e attraenti, tanto che ognuno le svolgerà volontariamente e gratuitamente. La supremazia della proprietà pubblica dei mezzi di produzione sarebbe dovuta alla capacità di coordinare e organizzare meglio la produzione rispetto agli interessi particolari dei capitalisti e alla possibilità di diffondere saperi e tecnologie a vantaggio di tutti piuttosto che confiscarli a privilegio di una minoranza. E' una superiorità di ordine fattuale o empirica. Ma si sottovalutano 2 difficoltà:
a) la prima è quellla della centralizzazione dell'informazione che serve per produrre ciò di cui i consumatori hanno bisogno;
b) la seconda è la difficoltà a innovare, a vincere l'inerzia legata allo status quo (NDR la mancanza di agilità, flessibilità connessa con il centralismo inibisce l'innovazione. Il centralismo e il gigantismo ostacolano il pluralismo, la pluralità degli approcci, l'emergenza degli eretici, degli innovatori).
2) Abolizione dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, caratteristico di ogni società classista, in particolare, delle società capitalistiche.
La virtù caratteristica del socialismo non è quella di essere più efficiente del capitalismo, ma più giusto. Lo sfruttamento si attua quando i capitalisti si appropriano del plus-lavoro dei lavoratori; di una parte del "prodotto netto", quello che resta dopo aver ammortizzato i macchinari, retribuito il capitale, le spese dei materiali e i vari canoni. Si ha sfruttamento di fronte a uno scambio diseguale.
L'economia può essere considerata una forma complessa di cooperazione (vedi cooperazione come fondamento della giustizia sociale: ) o di scambio, in cui gli individui danno dei contributi e ricavano dei vantaggi. Dovrebbe esserci corrispondenza per non avere sfruttamento, tra gli uni e gli altri. Ma attenzione, nel mercato del lavoro ciò comporterebbe che il lavoratore meno abile o quello che lavora una terra arida o in un'impresa dotata di macchine obsolete abbia una parte più piccola del prodotto sociale.
Per altri si ha sfruttamento semplicemente quando una persona dispone di una dotazione di risorse inferiore alla media.
Ma è problematico, dal punto di vista della giustizia sociale, non fare alcuna distinzione tra il capitale distribuito tramite l'eredità in modo diseguale, quello che si costruisce con il risparmio dopo un'eguale dotazione iniziale, oppure in virtù delle differenze nei talenti innati delle persone, oppure in conseguenza di diverse abilità sviluppate a partire da eguali talenti. Se si vuole riconoscere la responsabilità e la libertà non tutte le diseguaglianze sono ingiuste. L'importante è che ci sia un'eguaglianza delle possibilità.
L'egualitarismo liberale di Rawls.
L'egualitarismo liberale di Rawls rappresenta il quarto riferimento dell'etica sociale ed economica contemporanea. Esso occupa una posizione centrale al crocevia tra utilitarismo, libertarismo e marxismo.
Offre anche una base etica coerente ai movimenti terzo-mondisti, femministi ed ecologisti e alle prospettive meta-etiche dell'etica comunicativa di Habermas .
Vuole conciliare gli ideali di libertà ed eguaglianza.
Occorre combinare l'eguale rispetto per tutte le concezioni razionali di vita buona (libertà) che convivono nelle nostre società pluraliste con il tentativo imparziale di assicurare a ogni cittadino, per quanto possibile, il necessario per portare avanti la propria concezione di vita buona.
Che cosa comporta la giustizia rispetto ai beni primari, cioé a quei mezzi necessari per a) farsi una concezione di vita buona e b) perseguirne la realizzazione?
I beni primari sono distinti in naturali (salute, talenti) e sociali, suddivisi in 3 categorie:
a) le libertà fondamentali
b) l'accesso alle diverse posizioni sociali
c) i vantaggi socio-economici legati a queste posizioni (ossia la ricchezza, il potere, il prestigio sociale, vale a dire le basi sociali dell'autostima).
Una società giusta, conforme ai 2 ideali del rispetto delle diverse concezioni di vita buona e della sollecitudine riguardo alla possibilità di ciascuno di realizzarla, è una società che distribuisce i beni sociali primari in modo equo tra i suoi membri, tenendo conto in modo particolare delle loro diversità in termini di dotazioni di beni naturali primari.
Ma quali sono i principi che definiscono una distribuzione equa dei beni sociali primari?
Sono:
1) il principio di eguale libertà
2) di equa eguaglianza delle opportunità
3) e il principio di differenza.
1) Il principio vuole garantire le libertà fondamentali al livello più elevato che possa essere garantito in modo eguale per tutti. Le libertà non sono dei diritti assoluti, possono essere circoscritte e regolate, ma solo in nome di altre libertà fondamentali (vedi Hans Jonas nel capitolo su riproduzione assistita).
2) Principio di equa eguaglianza delle opportunità: non esige che si garantisca a tutti i cittadini la stessa p di accesso alle diverse posizioni sociali; richiede solo che le persone che hanno gli stessi talenti abbiano la stessa opportunità di accesso a quelle posizioni. Le uguali opportunità si tradurrebbero in eguali p di accesso solo nel caso in cui tutti avessero la stessa concezione di vita buona. Le istituzioni devono far sì, attraverso una limitazione della diseguaglianza di ricchezze, la proibizione del sessismo, del razzismo e del nepotismo e, soprattutto, attraverso un sistema di insegnamento efficace, obbligaorio e gratuito, che persone con gli stessi talenti abbiano le stesse possibilità di accesso alle posizioni sociali che vorrebbero scegliere.
3) Principio di differenza: la preoccupazione di mettere a disposizione di ciascuno i mezzi necessari per formulare la propria concezione di vita buona e poterla realizzare non implica che tutti dispongano dello stesso reddito o della stessa ricchezza. Questo principio suppone però che si definisca una posizione veramente accessibile a tutti in quanto non richiede alcun talento particolare, ad esempio la posizione di lavoratore non qualificato, ed esige che venga massimizzato il livello delle aspettative (in termini di reddito, ricchezza, potere..) associato a tale posizione sociale. Il principio di differenza tiene conto della possibilità che alcune diseguaglianze esistenti tra diversi livelli socio-economici abbiano un effetto positivo sulla somma dei benefici distribuiti complessivamente nella società. Esso cerca di conciliare eguaglianza ed efficienza. Sotto le condizioni imposte dagli altri 2 principi esso impone di selezionare il "maximin", cioé quella configurazione istituzionale che massimizzi l'indice socio-economico di coloro che hanno un indice più basso.
Quale principio viene per primo?
E' prioritario il principio dell'eguaglianza delle libertà. E' inammissibile una ripartizione diseguale delle libertà fondamentali in nome, ad esempio, del livellamento delle opportunità di accesso alla posizioni sociali. L'eccezione si attua in caso di estrema scarsità di risorse, in cui le regole di priorità sono cancellate dallo stato di emergenza. In questo caso va massimizzato il livello minimo dell'indice che riunisce al suo interno i beni sociali primari.
Rawls si iscrive nella tradizione contrattualistica di Locke, Rousseau e di Kant e sostiene che questi 3 principi sono quelli che verrebbero scelti da uomini liberi in una posizione originaria, sotto il velo di ignoranza, ossia astraendosi dalla loro posizione sociale e dai talenti naturali di cui sono dotati oltre che dalla concezione particolare di vita buona che hanno, con un atteggiamento di avversione al rischio, data la delicatezza della decisione.
Questa non è che una parte dell'impresa etica di Rawls. Questa impresa, descritta come la ricerca di un equilibrio riflessivo, è costituita dal confronto tra principi etici e giudizi morali ben ponderati. Non si perviene a un fondamento razionale assoluto ai diversi principi, ma a un orientamento che dia senso alle nostre scelte. La realizzazione di questi principi è incompatibile con un regime capitalistico caratterizzato dal laissez faire. E' altrettanto incompatibile con un regime di pianificazione autoritaria, che limiterebbe le libertà fondamentali. Sembra anche poco conciliabile con il capitalismo regolato da uno stato assistenziale che si combina male con l'esigenza di massimizzare le speranze dei più sfavoriti. Egli propone una forma di socialismo liberale che combini la proprietà pubblica dei mezzi di produzione con il rispetto delle libertà fondamentali e un'allocazione del lavoro fatta attrraverso il mercato, oppure una "democrazia dei proprietari" che combini la proprietà privata dei mezzi di produzione con una diffusione del capitale materiale e umano ampia a tal punto che le misure correttive dello Stato assistenziale si limitino alle persone con gravi handicap fisici o mentali.
3 Problemi delicati nella teoria delle giustizia su cui riflettere per conciliare eguaglianza e libertà.
1) Giustizia e lavoro.
L'insieme della teoria della giustizia è il tentativo di definire una distribuzione equa degli oneri e dei vantaggi della cooperazione sociale. Al suo interno il principio di differenza esprime una concezione della reciprocità o del mutuo vantaggio.
Ci si può, infatti, attendere da ciascuno una cooperazione volontaria solo se i suoi termini sono ragionevoli e, in particolare, se le diseguaglianze tornano a vantaggio di tutti, come specificato dal principio di differenza.
Ma questo principio non è eccessivamente generoso nei confronti delle persone che non forniscono un lavoro produttivo? Rawls supera questa difficoltà includendo il tempo libero tra i vantaggi socio-economico di cui definisce la giusta distribuzione (ma, pragmaticamente, si può tassare il reddito, non il tempo libero). Per massimizzare l'indice dei beni primari più bassi (la dotazione dei meno dotati), sarebbero molto più adatte sovvenzioni al salario orario dei lavoratori a reddito più basso piuttosto che un reddito di base garantito ().
2) Giustizia e disabilità.
Se le diseguaglianza nella distribuzione dei beni naturali primari non possono essere definite ingiuste, questo non toglie che le conseguenze sociali ad esse associate riguardino la giustizia. Il principio di differenza impone, infatti, che vengano massimizzate le aspettative connesse con una posizione sociale accessibile anche ai meno dotati. Ma come ci si può preoccupare più direttamente della presenza dell'handicap? Richard Arneson suggerisce una eguaglianza delle opportunità di benessere. L'approccio è utilitaristico, ricorre alla soddisfazione delle utilità, delle preferenze tenendo conto, per ciascuno, del potenziale di benessere. Non mira a massimizzare l'aggregato, ma a una distribuzione egualitaria del livello di potenzialità.
Amartya Sen è un economista indiano. Ritiene che la teoria della giustizia si concentri troppo sui beni sociali primari e trascuri, invece, la capacità molto diseguale di trasformare questi beni in funzionamenti (nutrimento adeguato, salute, mobilità, alloggio, partecipazione economica e sociale, fondare una famiglia in condizioni materiali e affettive accettabili...). Su questa base si determina, per ogni persona, l'insieme delle capacità, costituito dalla lista dei gradi in cui ciascuno è capace di realizzare i vari funzionamenti (capability set). La giustizia implica che tutti dispongano di un certo numero di capacità fondamentali secondo modalità e mezzi che possono variare considerevolmente da un contesto socio-culturale all'altro. Ci si può avvalere di trasferimenti monetari (indennità) di servizi, di infrastrutture ad hoc)) NDR vedi LEA, ADL, IADL...ecc. Mi sembra che la trasformazione dei beni sociali primari in funzionamenti e capacità sia molto condizionata dalla cultura, per cui una cultura "adatta" potrebbe consentire il traguardo di capacità molto superiori anche per lo stesso livello di beni sociali primari. I una prospettiva di crescita limitata o addirittura di decrescita occorre investire sulla cultura, confidando nella nostra tradizione... Se la cultura, ad esempio in sanità, riconoscesse il valore del limite e dell'essenzialità delle cure, la qualità e la sicurezza se ne potrebbero giovare. L'essenzialità delle cure, infatti potrebbe essere la migliore garanzia sia per l'una che per l'altra
Ma queste capacità fondamentali fanno appello a una teoria dei bisogni essenziali degli esseri umani. Ad esempio, la capacità di procreare fa parte di questi? E qual è il livello di decenza per stabilire che una persona dispone di una capacità fondamentale?
Dworkin, per determinare quanto la società dovrebbe investire per riequilibrare queste diseguaglianze nell'handicap e disabilità, propone un dispositivo di assicurazione sotto il velo dell'ignoranza. L'handicap compromette la realizzazione di una gran parte delle diverse concezioni di vita buona. E' giusto, perciò, chiedersi per quale ammontare di indennità sarei disposto ad assicurarmi sapendo che più alta è l'indennità più alto è il premio assicurativo da pagare? Quindi, la giusta compensazione per un handicap e, di conseguenza, la giusta tassazione, sono determinati dal risultato di questa procedura. Tutte queste indicazioni, anche se non possono essere applicate alla lettera, vanno valutate in base alla loro coerenza, a quanto urtino i nostri giudizi morali ben ponderati
3 Giustizia e nazione. Nella Teoria della giustizia si considera il caso di una società chiusa. Nel "Diritto dei popoli" Rawls affronta la questione di una giustizia globale. Così come all'interno di un singolo Stato si devono rispettare le diverse concezioni razionali di vita buona, in un ambito globale occorre rispettare le diverse concezioni di società giusta che ciascun popolo si sforza di realizzare. La giustizia fra i popoli implica il dovere di non aggressione, ma anche delle restrizioni riguardo al modo in cui ciascuno Stato può trattare i suoi membri. C'è anche il dovere di assistere gli altri popoli che vivono in condizioni sfavorevoli e che impediscono loro di godere di un regime politico e sociale giusto e decente. C'è il dovere di assistenza reciproca affinché siano assicurati i bisogni fondamentali dei popoli.
Ma molti rappresentanti dell'approccio liberale egualitario, anche a livello globale, concepiscono un principio di giustizia distributiva più vicino a quanto Rawls sostiene nella sua "Teoria della giustizia" piuttosto che a quanto egli stesso propone specificamente nel "Diritto dei popoli".
L'esemplificazione della sanità.
L'esercizio è quello di applicare i principi contenuti in ognuna delle 4 cornici teoriche di etica pubblica (sociale ed economica) al problema della sanità. Si vogliono confrontare tra di loro le risposte coerenti con quei principi esprimendo su queste dei giudizi morali ben ponderati. Attraverso l'espressione di questi giudizi, in un "equilibrio riflessivo" potrebbero essere revisionati i principi di partenza, secondo reiterazioni che, per quanto non approdino a verità conclusive, possono portare a una maggiore stabilità e coerenza. Ragionare sulle conseguenze dell'applicazione di principi di varie teorie a casi problematici della vita ci consente di valutare le teorie stesse come riferimenti più o meno appropriati nell'esistenza umana. (Vedi mia tabella )
Alcuni principi, come "la salute non ha prezzo" non resistono alla prova dell'equilibrio riflessivo, perché le implicazioni politiche che ne conseguirebbero in circostanze reali o ipotetiche sarebbero inaccettabili secondo i nostri giudizi morali ben ponderati.
Le spese sanitarie assorbono una quota crescente del PIL. Sapere quali condizioni vanno curate, quali e quante cure devono essere prestate, a chi, da chi e a spese di chi è una questione che presenta aspetti medici, economici, ma, in ultima istanza, è una domanda etica. Solo l'adozione di principi etici ci permette di identificare le questioni mediche ed economiche più pertinenti.
Quali sono le risposte dell'utilitarismo? L'obbiettivo è massimizzare il benessere aggregato di una popolazione. Si potrebbe raggiungerlo ricorrendo alle virtù allocative di un mercato perfettamente concorrenziale. Si sfrutterebbero i vantaggi reciproci dell'offerta di cure (che confronta i costi delle cure con i prezzi che può ricavarne) e della domanda di cure (che confronta i vantaggi che può derivarne con il prezzo sopportato)
NDR vedi formula di economia sanitaria...S(p-c)=S (b-p).
Ma le dotazioni che consentirebbero agli individui di fare delle transazioni sul mercato non sono ripartite in modo da renderle possibili. Sarebbe sufficiente, allora, che lo Stato intervenisse per modellare la distribuzione dei redditi tenendo conto, soprattutto, della loro utilità individuale marginale decrescente? Ma anche questo non basterebbe perché malattie e incidenti sono distribuiti in modo assai diseguale tra le persone e anche all'interno della stessa persona, nel corso del tempo (NDR bisognerebbe dimostrarlo con i dati..).
Nell'interesse individuale, perciò, molti, anche in base alla loro avversione al rischio, si assicureranno volontariamente. L'utilitarismo, quindi, potrà pure tendere al laissez faire, ma sosterrà un'area di mercato molto limitata.
Diverse considerazioni giustificano un intervento vigoroso dello Stato nell'imporre a tutti un'assicurazione obbligatoria:
1) la carenza di informazione, la miopia, il disinteresse per coloro che sono a nostro carico;
2) la "selezione avversa" per cui si assicurerebbero volontariamente solo le persone meno sane, dando luogo, così, a un aumento del premio assicurativo insostenibile;
3) la presenza di esternalità positive, per cui si avvantaggerebbero delle cure sanitarie, ad esempio nel caso di malattie infettive, anche i profittatori che non si sono assicurati..
Il benessere collettivo può suggerire, quindi, un atteggiamento paternalistico. L'assicurazione obbligatoria permette di imporre a tutti i membri di una collettività di contribuire a un'esternalità da cui tutti traggono vantaggio e fa convergere l'interesse personale con quello collettivo, di cui si occupano gli utilitaristi.
Indipendentemente dal tipo di finanziamento del SS (attraverso l'imposizione fiscale o un'assicurazione obbligatoria) i poteri pubblici devono stabilire con precisione a quali condizioni garantire delle risposte, di che tipo, qualità e quantità per massimizzare il benessere aggregato. In prima approssimazione l'utilitarista potrebbe desiderare la restrizione a costi e benefici di natura strettamente monetaria (ad esempio, misurare il beneficio atteso dalla correzione di un handicap esclusivamente come contributo all'aumento del PIL). Ma una visione così grettamente mercantile non è affatto un obbligo. Gli utilitaristi si lasciano orientare dal concetto di QALY. Anche per la quota di bisogni individuali da lasciare al mercato va previsto un ruolo importante dello Stato nella regolamentazione ad evitare un'allocazione di servizi sub-ottimali e nella tutela dei consumatori, in un rapporto troppo asimmetrico con gli operatori dei servizi.
Quali sono le risposte del Libertarismo? Ciascun individuo è il pieno proprietario del suo corpo. E' escluso l'intervento dello Stato sia nell'imporre un'assicurazione obbligatoria, sia anche nella regolamentazione delle professioni sanitarie e dei centri di cura. Ognuno può fare l'uso che vuole dei diritti di proprietà che la"giustizia" conferisce ad agenti liberi.
Quali sono le risposte del Marxismo? Viene criticata la sottomissione al mercato dell'allocazione dei servizi sanitari. Infatti, il mercato regolamenta la distribuzione dei servizi in base al valore di scambio e non , come dovrebbe essere, in base al valore d'uso. In base alla concezione marxista di sfruttamento, si potrebbe criticare l'avvento del welfare state nei Paesi capitalistici a partire da fine 800 per il fatto che permette di perpetuare lo sfruttamento dei lavoratori. Ma questa è una critica semplicistica. NDR tanto che oggi è proprio la sinistra a sostenere il welfare state. Per il marxismo un sistema di sicurezza sociale dovrebbe indennizzare generosamente malati e invalidi.
Quali sono le risposte dell'egualitarismo liberale? Il principio di differenza indica che devono essere attribuite le risorse più ampie possibili ai più sfortunati. La preoccupazione di rispettare la libera scelta di ciascuno fonda un'ipotesi a favore di un'allocazione di risorse in contanti (un reddito o una dotazione monetaria). Ma l'allocazione in natura tramite un sistema di assicurazione obbligatoria trova giustificazione nelle esternalità positive e nella selezione avversa.
Come precisare il contenuto e l'ampiezza dell'assicurazione obbligatoria che è giusto istituire? Sotto il velo dell'ignoranza dovrei supporre di disporre solo delle risorse che è possibile garantire stabilmente ai più sfortunati e di ignorare le p di dover ricorrere alle cure in seguito a malattie o incidenti. Attraverso un'analisi epidemiologica ed economica quali trattamenti vorrei che fossero coperti da un'assicurazione obbligatoria? Dovrei anche considerare il grado di avversione al rischio, il grado di solidarietà, la concezione di salute e malattia. Le analisi costo-benefici degli economisti conservano un ruolo importante. Ma non si tratta di mettere il servizio sanitario al servizio di uno scopo di efficienza, in relazione al quale i pazienti verrebbero strumentalizzati. Si tratta, invece, di chiarire le conseguenze delle diverse opzioni disponibili per configurare l'assicurazione in modo avveduto e imparziale al servizio di persone libere ed eguali.
L'esemplificazione dell'immigrazione. Bisogna aprire le frontiere?
Quale posizione di principio adottare nei confronti delle pressioni migratorie? Esse aumentano sia a causa di una maggiore facilità e una diminuzione di costi nel trasporto sia anche per una notevole disparità di reddito tra le varie regioni del pianeta.
L'utilitarismo permette di giustificare una posizione favorevole alla libera circolazione delle persone se si suppone che così ci sia un accrescimento del benessere aggregato. Ma non è detto che sia vero. Ad esempio, nelle famiglie migranti l'interesse dell'uomo pesa spesso di più di quello della moglie e dei figli. Inoltre, la migrazione di una famiglia può creare delle esternalità negative nel Paese di origine perché migrano, in genere, i membri più dinamici e istruiti. Anche nel paese di destinazione può succedere la stessa cosa perché l'immigrazione può destabilizzare la società di accoglienza per via di una difficile integrazione. Un'esternalità positiva è rappresentata dalle rimesse degli emigranti nel Paese di origine; nel Paese di destinazione dall'aumento delle risorse umane a disposizione della sua economia. Sul versante negativo, il Paese di origine non viene sollecitato dall'emigrazione ad adottare politiche demografiche meno espansive. Il vedetto finale, per un utilitarista, dipende dal calcolo netto di tutti i vantaggi e gli svantaggi.
Per il libertarismo ciascuno è padrone di sé, del suo corpo e dei propri mezzi. Lo Stato esercita fondamentalmente la tutela dei diritti di proprietà di ciascuno, non pone dei limiti alla libera circolazione delle persone. Limiti possono essere posti, invece, dai proprietari di terreni, case, mezzi di trasporto, alberghi, ecc..
Il marxismo è stato contrario all'apertura delle frontiere perché essa aumenta l'offerta di lavoro e, quindi, diminuisce il prezzo del lavoro per i capitalisti. L'afflusso di manodopera straniera divide, inoltre, la classe operaia. Perciò il marxismo, in nome del contrasto allo sfruttamento capitalistico è sfavorevole all'immigrazione. Ma non si può trascurare che la condanna dello sfruttamento capitalistico si basa sul principio etico che qualifica come ingiusta ogni diseguaglianza di benessere che deriva da una disuguaglianza di dotazioni. Le disuguaglianze possono derivare sia dal fatto che alcuni dispongono di più capitale di altri, sia anche dal fatto che alcuni sono nati cittadini di Paesi molto più ricchi. Se nel primo caso si attua uno sfruttamento capitalistico, nel secondo si ha uno sfruttamento nazionale. Il privilegio di cui gode un cittadino di un Paese ricco è essenzialmente il riflesso di una maggiore produttività del lavoro.
Lo stabilirsi di una democrazia mondiale con forti poteri redistributivi costituisce senza dubbio la sola strategia che affronta simultaneamente lo sfruttamento nazionale e quello capitalistico.
Nel caso dell'egualitarismo liberale, se si applicasse all'umanità intera la concezione liberale egualitaria della giustizia, non potrebbe essere giustificata alcuna restrizione all'immigrazione. A eguali talenti, infatti, devono corrispondere eguali opportunità, senza discriminazioni legate alla cittadinaqnza o al luogo di nascita. Tuttavia, in base al principio di differenza, non si può trascurare l'ipotesi che l'immigrazione avvenga a svantaggio delle persone più vulnerabili nelle società di origine o anche a svantaggio dei più vulnerabili nelle società di accoglienza. E' anche possibile che la libertà di emigrare deresponsabilizzi le autorità che controllano la politica delle nascite. Più aumenta la libertà di emigrare (emigrano, di solito, i più dinamici e produttivi) più i Paesi poveri e ricchi sono sottoposti a una concorrenza fiscale che impedirà loro di redistribuire una parte del loro Pil. Bisognerebbe, quindi, ci fosse una politica fiscale e una redistribuzione concordata a livello sovranazionale.
Giustizia sociale ed etica personale.
Si sono analizzate le modalità con cui possono essere caratterizzate le istituzioni giuste. Qual è l'impatto dell'adozione di determinati principi di giustizia a livello istituzionale sui comportamenti individuali, in particolare nel campo economico e sociale?
Secondo Rawls, l'oggetto fondamentale della giustizia è la definizione della struttura di base della società, ossia il modo in cui le principali istituzioni sociali distribuiscono diritti e doveri fondamentali e determinano la divisione dei vantaggi della cooperazione sociale. Ma anche i singoli membri della società devono aderire a norme di comportamento appropriate. Prima di tutto, perché le istituzioni di una società democratica si conformano ai principi della giustizia solo se la maggioranza dei cittadini vi adersice ed elegge rappresentanti e governanti determinati ad attuare tali principi. A parte questo, i membri della società sono del tutto liberi di realizzare la loro concezione di bene seguendo il loro interesse personale e quello dei loro congiunti. Per Rawls tra l'ambito della giustizia e quello dell'etica individuale rimane una netta dicotomia. Secondo il principio di differenza sono accettabili le diseguaglianze che sono "indispensabili" a migliorare il più possibile la condizione dei più sfortunati. Per Rawls sono indispensabili nel senso che motivano (es. incentivi materiali) le persone dotate di maggiori talenti. Per Cohen, invece, sono solo giuste le diseguaglianze che danno la capacità ai più deboli di fare uso dei loro talenti. E' per Cohen l'insieme delle scelte di ciascuno, dalla professione all'impegno sul lavoro, alla propensione al risparmio, all'uso del tempo libero che deve essere animata dalla sollecitudine per la giustizia. L'effetto livellatore delle istituzioni non può diminuire in alcun modo gli sforzi che la persona impiega per formarsi, lavorare, risparmiare o investire. Per Cohen non si tratterebbe di restringere la libertà, ma di interrogarsi su quale sia l'uso giusto della libertà che le istituzioni accordano ai membri della società.
La separazione dell'etica individuale dall'etica pubblica può portare a un'estensione delle diseguaglianze. E' un rischio che può essere attenuato allargando la concezione di Rawls di struttura di base della società oltre il quadro istituzionale entro cui viene normalmente redatta.
Le "istituzioni" sono "insiemi di regole". Ma non esistono solo le norme d'azione legale che sottostanno a procedure specifiche, attraverso cui si stabilisce chi le promulga, chi le abolisce, chi riguardano, chi le applica, a quali sanzioni sono sottopsti i trasgressori..Esistono anche norme d'azioni informali (NDR tecniche professionali e morali): esse sono sancite socialmente ed interessano in modo significativo la divisione dei vantaggi della cooperazione sociale: quindi, possono rivendicare la loro appartenenza alla struttura di base. La loro trasgressione suscita sanzioni sociali che possono variare dall'indignazione all'ostracismo. Ad esempio, la contrattazione lavorativa, le interazioni familiari..Allora, una società è giusta non solo se le regole legali sono giuste, ma anche se lo sono le regole informali: se cioé la situazione dei più sfortunati non può essere migliorata ulteriormente cambiando le regole informali. Non può essere trascurato il condizionamento esercitato dal quadro legale sull'ethos diffuso nella società, ethos che guida i comportamenti individuali non regolati dalle leggi. Ad esempio, l'organizzazione dei servizi sanitari o la pianificazione urbana condizionano il modo in cui le varie generazioni e le varie categorie professionali interagiscono e sviluppano, così, una disposizione alla solidarietà. Il quadro legale può indurre una propensione all'aiuto reciproco in situazioni di bisogno o favorire l'identificazione con l'insieme della società.
Inversamente, il cattivo uso della libertà nei comportamenti individuali può portare per reazione a una limitazione attraverso la legge della libertà stessa, per via del cosiddetto equilibrio riflessivo.
L'etica individuale non consiste solo nell'onorare le promesse, nel controllare i propri umori o nel mostrare attenzione per coloro che ci stanno intorno. Per ciò che la lega più specificamente all'ambito sociale ed economico essa consiste essenzialmente nel conformarsi scrupolosamente a una legge giusta o a ciò che dovrebbe essere la legge se fosse giusta, anche se si fosse al riparo da ogni sanzione e a prezzo di grandi sacrifici personali. Dunque, vedere con chiarezza le caratteristiche delle istituzioni giuste non riguarda solo la guida del nostro comportamento politico e l'individuazione delle cause per cui è importante impegnarsi. E' essenziale anche per guidare il nostro comportamento economico, chiarire la natura dei doveri che ci si impongono nella nostra vita professionale, lavorare seguendo convinzioni coerenti. E' essenziale per tutti coloro che cercano di dare una formulazione coerente ai loro obbiettivi (NDR Vedi obbiettivi -problemi - interventi). Aderire all'equilibrio riflessivo significa fare 2 atti di fede:
1) credere nel dialogo e sottoporre al confronto e alla critica le convinzioni che fino a quel momento si è ritenuto di dover sottoscrivere;
2) credere che questa società non sia retta esclusivamente da rapporti di forza, da trattative tattiche tra visioni rivali che non esitano a utilizzare strumentalmente gli argomenti dell'etica. Credere che la nostra concezione di giustizia possa produrre un impatto sulla realtà non semplicemente accessorio e marginale. Questo può avvenire se l'equilibrio riflessivo non resta solo un esperimento mentale, ma forgia una spinta etica nella nostra vita professionale così come nei nostri impegni sociali e politici: senza cinismo né ingenuità, senza fanatismo né fatalismo.