Prefazione
Siccome i poveri possiedono pochissimo, potrebbe sembrare privo di interesse lo studio dell’economia della loro vita. Ma ci sono al mondo 800 milioni di poveri che vivono con meno di 1 dollaro al giorno. In queste situazioni piccoli errori, incidenti, ostacoli che non sposterebbero minimamente la conduzione delle nostre vite possono essere devastanti per i più poveri. Anche in considerazione di questo i contenuti di questo libro sono importanti. Lo studio dell’economia dei poveri spiega, infatti, come possiamo combattere la povertà analizzando le esistenze e le scelte dei poveri: cosa consumano, come provvedono all’istruzione dei figli, come si prendono cura della loro salute, quali rapporti hanno con i mercati e le istituzioni, che possibilità hanno di indebitarsi, risparmiare, assicurarsi contro i rischi. E importa molto anche studiare l’azione dei governi per contrastare la povertà e l’analisi del perché molti programmi falliscono.
1 Ripensarci, ancora una volta
Il modo migliore per affrontare il problema della povertà è pensare ad essa non come a un fenomeno immane che sovrasta le nostre forze, ma come a un insieme di problemi concreti che possono essere risolti uno alla volta, fornendo delle risposte specifiche. Ad esempio, il libro non dice se gli aiuti internazionali sono utili o meno, ma se, in particolari contesti, hanno funzionato, tenendo presente, comunque, che la maggior parte dei programmi di lotta contro la povertà è finanziata dagli stessi Paesi che ne sono afflitti. Ciò che conta non è tanto la provenienza del denaro quanto il suo impiego, la sua destinazione. Per Sen la povertà è un immenso spreco di risorse perché impedisce di realizzare il proprio potenziale come essere umano. A proposito di questioni concrete, ad esempio, per promuovere l’uso delle zanzariere e proteggere i bambini è meglio offrirle gratuitamente, a un prezzo sussidiato o al prezzo di mercato? Come stanno le cose? Si tende a ignorarne i benefici, a non avere soldi o a essere schiacciati sul presente? Esistono le trappole della povertà? Va chiarito che si è in presenza di trappole della povertà quando la possibilità di espandere reddito o ricchezza a un tasso sostenuto è modesta per chi ha poco da investire, ma aumenta esponenzialmente per chi può permettersi un investimento superiore. Per chi crede nella sua esistenza la correlazione tra reddito attuale e reddito futuro assume la forma di una curva a S. Per chi crede, invece, che le cose vadano sempre meglio, la figura di riferimento assume la forma tipica dei benefici marginali decrescenti. Nel primo caso ha senso intervenire per aiutare i poveri. Nel secondo caso non c’è nulla che si possa fare per aiutarli. Per stabilire se esistono o meno le trappole, dobbiamo sapere quale è il grafico che rappresenta meglio il mondo reale caso per caso. Si passa dalle leggi universali ai problemi specifici: fertilizzanti, risparmio, istruzione. Si devono fare studi randomizzati controllati per confrontare tra loro diversi trattamenti. La nuova teoria può essere impiegata per pianificare gli interventi o per progettare nuovi esperimenti. Per affrontare il problema della povertà il modo migliore è comprendere a fondo i problemi specifici che affliggono i poveri e cercare di individuare le modalità di intervento più efficaci. La nuova conoscenza non proviene solo da studi randomizzati, ma sono utili anche descrizioni qualitative e quantitative di come vivono i poveri, indagini sul funzionamento di specifiche istituzioni e una varietà di dati e informazioni sulle politiche che hanno funzionato e su quelle che si sono rivelate inefficaci. Spesso le politiche falliscono a causa dell’ideologia, dell’ignoranza e dell’inerzia. L’approccio graduale proposto si oppone a tutti questi 3 fattori e si propone di rendere il mondo un posto migliore.
2 Un miliardo di affamati?
Il primo obbiettivo dello sviluppo sostenibile per il 2030 è eliminare la povertà estrema e la fame. Il problema non è legata alla carenza di produzione, ma a difetti nella distribuzione del cibo, che si manifesta soprattutto in occasione di eventi catastrofici: carestie, guerre, siccità, inondazioni, uragani, terremoti.. Il fatto che i poveri non riescano a procurarsi cibo sufficiente e non abbiano, quindi, l’energia necessaria per essere più produttivi è l’esempio citato più frequentemente come causa della trappola della povertà. Se sul piano logico questo è plausibile, sul piano pratico questo non sembra essere così rilevante. In realtà, se le persone restano povere non è perché mangiano poco. Anche in condizioni di povertà, all’aumento del reddito, si tende all’acquisto di cibi più costosi e più appetitosi, non tanto più calorici e nutrienti. L’attenzione maggiore andrebbe riposta nella nutrizione delle madri in gravidanza e dei bambini nei primi anni di vita. I poveri scelgono gli alimenti non per la convenienza del prezzo e i valori nutrizionali, ma per il loro sapore. Quando si è disoccupati, preoccupati, annoiati e depressi non si ha voglia di mangiare “tediosi cibi sani”. Si ha voglia di qualcosa un po’ stuzzicante. E il mercato è oggi pronto a fornirlo. Nella vita dei poveri, inoltre, ci sono cose ben più importanti del cibo: televisioni, battesimi, doti, funerali, matrimoni. I poveri sono, in genere, molto scettici rispetto ad eventuali cambiamenti perseguibili col sacrificio. Richiedono troppo tempo. Si concentrano sul presente e vivono la loro vita nel modo più piacevole possibile, festeggiando tutte le volte che l’occasione lo richiede. Ndr vedi l’analogia esistente con la teoria prospettica delle decisioni. Esistono, comunque, problemi nella qualità della nutrizione per carenza di micronutrienti. Sono particolarmente esposti i feti e i bambini in età di sviluppo. Sono efficaci i trattamenti con vermifugo, la salsa di pesce arricchita con ferro, il sale con lo iodio. Anche se ciò non è gradito agli agricoltori Usa, la soluzione non è aumentare la fornitura di cereali come tendono a fare i programmi di sicurezza alimentare, ma migliorare la nutrizione delle gravide e dei bambini. La tecnologia alimentare dovrà ricercare prioritariamente i modi per arricchire gli alimenti considerati appetitosi con elementi nutritivi addizionali, nonché lo sviluppo di nuove varietà di coltura nutrienti e gustose coltivabili negli ambienti più disparati.
3 Soluzioni a portata di mano per migliorare la salute dei poveri?
Esistono delle soluzioni efficaci ed efficienti, tecnologie semplici ed economiche per migliorare la salute dei poveri. Ma vengono poco utilizzate. Perché si ricorre molto meno del dovuto alla reidratazione orale per la diarrea, alla clorazione dell’acqua da bere, alle vaccinazioni, alle zanzariere contro la malaria? Eppure, la cattiva salute, oltre a essere un male per se stessa, instaura un circolo vizioso perché è, nello stesso tempo, anche causa e conseguenza della povertà. Perché si preferisce la cura, oltretutto più costosa, rispetto alla prevenzione? Perché si preferisce il privato rispetto al pubblico? Perché si preferisce curare la diarrea con antibiotici e steroidi piuttosto che con la reidratazione orale? La prevenzione ha bisogno di un ruolo di protagonista da parte dei governi e del servizio pubblico. Purtroppo non sempre i governi sono all’altezza. Il servizio pubblico, poi, è gravato da un alto tasso di assenteismo e da scarsa motivazione e carenza nelle relazioni. Ci sono diverse spiegazioni. Talvolta il prezzo è considerato sinonimo di qualità. Inoltre, non è sempre facile avere accesso a informazioni veritiere. Si pretendono le iniezioni che introducono direttamente i farmaci nel sangue perché non si sa che il sangue assorbe gli elementi nutritivi anche attraverso le membrane del sistema digerente. E si ignora il rischio di usare aghi non sterilizzati correttamente. Molti malesseri, poi, sono autolimitati. Il personale sanitario privato è molto più pronto a intervenire anche in questi casi. Chi interviene si prende il merito della guarigione, chi non interviene, spesso nel servizio pubblico, viene denigrato per la sua ”inerzia”. E’ difficile, inoltre, collegare il ricorso a un vaccino con il fatto di non ammalarsi di una certa malattia. Si è provato a dare incentivi per aumentare il tasso di completamento delle vaccinazioni. Ha funzionato, il tasso è aumentato di 7 volte. Ma ciò non sminuisce il valore dell’intervento e non è degradante per chi riceve l’incentivo? Per la prevenzione esiste il problema del disallineamento temporale. I costi, ad esempio la perdita di tempo e gli spostamenti, devono essere sostenuti nell’immediato. I benefici, invece, sono futuri e hanno una natura probabilistica. Un costo irrisorio può scoraggiare l’utilizzo di un dispositivo salvavita, mentre un modesto incentivo può incoraggiarlo. Ha perciò senso, per la società, imporre comportamenti che implicano esternalità positive o sussidiarli in qualche modo. Un’idea importante da sfruttare è quella delle opzioni di default. Questa opzione dovrebbe essere la scelta più idonea per la maggioranza delle persone in modo che chi vuole comportarsi diversamente sia costretto a impegnarsi attivamente per scegliere un’alternativa. La maggior parte delle persone finisce, così, per accettare l’opzione di default. Le difficoltà dei poveri a prendere decisioni appropriate sono superiori a quelle di chi non è costantemente preoccupato per procurarsi da mangiare, pagare l’affitto o le bollette. Aumentare l’accessibilità di certi interventi appropriati, incentivare, obbligare non va considerato un approccio paternalistico. Le difficoltà intrinseche nel campo della prevenzione devono impegnarci nella responsabilità sia di educare i cittadini che di tutelare la salute pubblica.
4 Primi della classe
In quasi tutti i Paesi la scuola, almeno quella primaria (i primi 8 anni) è gratuita. Eppure il tasso di assenteismo varia tra il 14% e il 50%. Non è solo importante andare a scuola, ma è importante, soprattutto, imparare qualcosa. E questo non è così scontato. L’istruzione è una strana forma di investimento, perché a investire sono i genitori, ma a beneficiarne sono i figli. Ci vuole lungimiranza e generosità da parte dei genitori. E anche i bambini devono essere motivati. Per favorire l’istruzione lo strumento preferito per le politiche educative sono i trasferimenti condizionati. Si offrono denari alle famiglie povere, ma solo a condizione che i figli frequentino la scuola e che adottino misure preventive in campo sanitario. Sorprendentemente si è visto che anche trasferimenti incondizionati sortiscono lo stesso effetto, per quanto riguarda la frequenza scolastica. Non occorre costringere i genitori a mandare i figli a scuola, basta aiutarli finanziariamente. Il reddito, infatti, ha un forte impatto sull’istruzione dei figli e sul loro sviluppo cognitivo. I benefici dell’istruzione non sono solo monetari, riguardano anche la mortalità infantile e le gravidanze adolescenziali. Spesso, relativamente alle politiche scolastiche, si oppongono 2 strategie: quella dell’offerta e quella della domanda, come se dovessero escludersi a vicenda. Invece sono complementari. L’offerta di istruzione è positiva, ma lo è anche la domanda. I genitori pensano che valga, soprattutto, la scuola secondaria. Questa aspettativa (come se ci fosse una relazione a S tra il numero di anni di scuola e i benefici che se ne ottengono) li induce a investire tutte le risorse di cui dispongono nel figlio più promettente. Anche gli insegnanti sono pronti a concentrarsi sugli allievi migliori. Ma l’istruzione ha valore per tutti i livelli. Nessuno deve restare troppo indietro. I genitori rinunciano troppo presto, gli insegnanti non si sforzano di istruire tutti. La scuola dovrebbe assicurare a tutti competenze di base e individuare i talenti. Tutti i bambini, infatti, possono padroneggiare le competenze di base, purché dedichino tempo e impegno e vengano misurate le competenze che apprendono secondo il ritmo adatto per loro. Il computer può facilitare l’apprendimento, permettendo ai bambini di lavorare ai ritmi che sono per loro più congeniali.
5 La grande famiglia di Pak Sudarno
Nel 76 Indira Gandhi lanciò una campagna di pianificazione familiare in India, fatta di proselitismo e incentivazioni. La campagna scatenò molto risentimento, tanto che la Gandhi fu sconfitta alle elezioni del 1977. Si generò anche molta diffidenza nei confronti delle istituzioni. Nei villaggi i bambini non venivano vaccinati contro la polio perché i loro genitori sospettavano che fosse un modo per sterilizzarli segretamente. Se si vuole intervenire sulla natalità occorre chiedersi se avere un numero eccessivo di figli dipenda da un mancato controllo sulla fecondità o da una libera scelta. Malthus a inizio 800 era convinto che la crescita della popolazione fosse alla base dell’impoverimento. Oggi le sue teorie sono superate anche se le famiglie più numerose tendono a essere più povere e a investire meno sul capitale umano dei loro figli. Si crea un meccanismo per la trasmissione inter-generazionale della povertà. Alcuni studi hanno, però, dimostrato che la numerosità della prole non ha effetti negativi sull’istruzione dei figli. La disponibilità di metodi contraccettivi, unita a un certo grado di istruzione, comunque, permette alle donne di esercitare un maggior controllo sulla loro vita mettendole in condizioni di scegliere non solo di avere figli, ma anche quando averli. Talvolta ci si confronta anche con dati contro-intuitivi. Ad esempio, la gravidanza nelle adolescenti può rappresentare un’alternativa attraente rispetto al restare a casa e diventare la serva di tutta la famiglia. Un’altra considerazione interessante è che la decisione relativa al mettere al mondo figli non è condizionata solo da padre e madre, ma anche dalle convenzioni sociali e religiose della comunità di cui si è parte. Per fare un altro esempio, una telenovela brasiliana di successo in cui le protagoniste non avevano figli o tutt’al più ne avevano uno solo, ebbe un effetto importante sulle scelte riproduttive delle brasiliane. Per molti genitori nei Paesi a basso reddito, invece, la numerosità della prole equivale a una polizza di assicurazione. In India e Cina sono stati praticati milioni di infanticidi e aborti selettivi su feti femminili. Questo fenomeno è meno accentuato nelle aree dove si coltiva il tè e più accentuato dove si coltivano alberi da frutta per via delle differenti attitudini di maschi e femmine ai rispettivi lavori. Nonostante i molti limiti della famiglia, nella società non esiste un modo diverso e praticabile di allevare i figli. Il giusto ruolo della politica non è sostituirsi alla famiglia, ma affiancarsi ad essa e, qualche volta, proteggere dagli eventuali abusi i suoi membri. In virtù del ruolo giocato tradizionalmente dalle donne nella famiglia, la politica deve investire sulla emancipazione femminile, da cui derivano una migliore alimentazione dei figli, maggiore istruzione e cure sanitarie. La politica demografica più efficace potrebbe essere quella di abolire la discriminazione femminile, rendere superflua una prole numerosa tramite l’istituzione di valide reti di sicurezza sociale.
6 Gestori di hedge fund, ma a piedi nudi.
Il rischio imperversa nella vita dei poveri in una misura inimmaginabile per chi povero non è. Sia nel caso in cui gestiscano piccole imprese, coltivino la terra, facciano lavori saltuari o siano disoccupati, un piccolo incidente può avere conseguenze disastrose sulla loro vita. Il rischio non è limitato al reddito, al cibo, ma anche le malattie, la violenza e la corruzione li espongono a continui imprevisti. Quando la relazione tra reddito attuale e reddito futuro è rappresentata da una curva a S, i poveri che subiscono una disgrazia finiscono per non riuscire più a rialzarsi. Si crea una trappola della povertà. E’ difficile trovare l’autocontrollo necessario per risalire la china. Le preoccupazioni generano ansia, stress e depressione. C’è una forte correlazione tra la povertà e il livello di cortisolo nel sangue. Il cortisolo inibisce le capacità cognitive e decisionali agendo negativamente sulla corteccia prefrontale, l’amigdala e l’ippocampo. La corteccia prefrontale ha un ruolo nel controllo delle reazioni impulsive. Il suo malfunzionamento ci espone a decidere d’istinto, con minore razionalità. In genere i poveri si aiutano reciprocamente. Ma la garanzia di un aiuto potrebbe spingerli a non impegnarsi abbastanza. Si tratta di un fenomeno che gli assicuratori chiamano “moral hazard”. (E’ proprio a questo fenomeno che si deve, ad esempio, l’ostilità dei cittadini Usa all’assicurazione sanitaria universale e gratuita.) Quasi sempre i problemi di salute che si verificano tra i poveri non vengono tutelati dalle reti informali dove non si abbia un Servizio sanitario pubblico. L’ospedalizzazione, infatti, potrebbe essere molto onerosa e richiedere il contributo di molte famiglie, portandole a conseguenze disastrose. Per quanto riguarda la salute, se non fosse obbligatorio assicurarsi, si potrebbe incorrere nella cosiddetta “selezione avversa”: una circostanza in cui le persone più bisognose di cure sarebbero costrette a pagare premi assicurativi proibitivi e quindi non riuscirebbero a essere tutelati. Potrebbero assicurarsi, invece, le persone più sane per cui il premio potrebbe essere più accessibile. Ma sarebbero quelle meno interessate a farlo. Esiste, poi, un problema di incoerenza o disallineamento temporale: si paga in anticipo per tutelarsi dalle conseguenze di un evento futuro che potrebbe anche non verificarsi. Le assicurazioni, quando non finanziate dalla fiscalità generale e dal debito pubblico dovrebbero essere, perlomeno, sussidiate, a vantaggio dei più poveri. Questa potrebbe essere, per i governi, un’arma importante su cui investire i fondi pubblici per promuovere il bene comune, dati gli enormi benefici potenziali che si potrebbero ottenere se i poveri non fossero costretti a gestire da soli tutti i rischi in cui cadono nel corso della loro vita.
7 L’analisi del credito ai poveri
Perché il micro-credito non ha il successo che ci si aspetterebbe, pur dovendo i poveri subire tassi di interesse usuraio del 4,7% al giorno (il che equivale a generare un debito di 100 milioni di dollari in un anno per un prestito di 5 dollari. I tassi annui variano generalmente tra il 40% e il 200%)? Il tasso di insolvenza medio è di circa il 2%, ma per raggiungere questo traguardo è necessario un duro lavoro. Yunus non ha avuto solo l’idea di fare credito a un tasso più ragionevole, ma ha trovato anche il modo di riuscirci. Secondo i suoi detrattori il micro-credito è strozzinaggio a scopo sociale. Non c’è flessibilità. Ciascun membro del gruppo dei mutuatari risponde in solido del debito di tutti gli altri. Ci si può domandare se il credito funziona, se sia capace di migliorare la vita delle persone e contribuisca al raggiungimento di obbiettivi come l’istruzione primaria universale e la riduzione della mortalità infantile. Di fatto aiuta a disegnare progetti e realizzarli. E’ uno strumento, non certo l’unico, utilizzabile nella lotta contro la povertà. E’, comunque, la dimostrazione del fatto che sia possibile far credito ai poveri. I limiti sono ravvisabili, soprattutto, nella rigidità delle regole e nei costi in termini di tempo per chi ne fruisce. Il successo del micro-credito scaturisca dall’aver trasformato il rimborso dei prestiti in un patto sociale implicito. Occorre una buona coesione sociale. Ma questa non è sempre garantita. Come si possono finanziare le imprese più grandi? Una riforma importante per le imprese potrebbe essere quella dello snellimento delle procedure giudiziarie con un’accelerazione del recupero crediti, l’erogazione di crediti più consistenti e l’abbattimento dei tassi di interesse.
8 Risparmiare mattone su mattone
A molti è capitato di notare, nelle periferie delle città di Paesi in sviluppo, un gran numero di case incompiute. Costruire le case gradualmente, a piccoli pezzi, è il modo di risparmiare per molti poveri. Ma non ci sono altri mezzi per farlo? Dopo la rivoluzione del micro-credito dovrebbe incominciare la rivoluzione del micro-risparmio. I poveri dovrebbero essere più motivati a risparmiare rispetto ai ricchi perché sono esposti a maggiori rischi. Ma hanno la possibilità o la capacità di farlo? In epoca vittoriana, quella, descritta da Dickens, caratterizzata da orribili residenze per ospitare gli indigenti e da prigioni per i debitori, si era convinti della sostanziale incapacità dei poveri. La miopia e l’indolenza erano considerate le strade maestre per condurre alla povertà. Più recentemente si è arrivati alla conclusione che, invece, sia la povertà a rendere miopi e impulsivi. Abbiamo visto, infatti, quali sono le conseguenze deleterie dello stress e del cortisolo sul funzionamento di diverse aree del cervello. Risparmiare, per i poveri, diventa difficile, quasi impossibile. I depositi in banca per i piccoli risparmiatori sono disincentivati anche a causa di elevati costi amministrativi per l’apertura di conti e per i prelievi. Esistono, poi, altri ostacoli. Ad esempio, i contadini, dopo il raccolto, nel momento in cui hanno maggiore disponibilità finanziaria, non trovano da comprare il fertilizzante nei negozi. Lo trovano, invece, prima della semina, quando, di solito, hanno esaurito i loro risparmi. Da un punto di vista psicologico, inoltre, il risparmio risulta difficile perché subordina un beneficio immediato a un beneficio futuro. L’essere consapevoli dei problemi che abbiamo non significa, comunque, che saremo capaci di risolverli. Potrebbe solo significare che siamo in grado di prevedere i nostri fallimenti. Allontanare una tentazione, come sesso, zucchero, cibi succulenti, sigarette, alcol, in vista di un obbiettivo lontano richiede un grado di autocontrollo non compatibile con la situazione di continuo stress in cui vivono i poveri. Ndr esistono delle analogie tra il modo di decidere dei poveri e quello dei malati cronici, descritti nella teoria prospettica delle decisioni. La fragilità socio-economica influisce sulle decisioni in modo simile alla fragilità nella salute. Per uscire dalla povertà aiutano la fiducia nel futuro, l’ottimismo e la speranza. Ma questi sentimenti possono scaturire solo da un maggior senso di sicurezza, offerto da un idoneo sistema di welfare (istruzione, lavoro, salute…). E’ difficile essere motivati quando le aspirazioni più elementari appaiono irraggiungibili. Le istituzioni che riuscissero ad avvicinare un p’ questi traguardi sarebbero di grande aiuto perché incoraggerebbero i poveri a camminare in quella direzione.
9 Imprenditori riluttanti
Tra i poveri si contano molti piccoli imprenditori, nonostante il capitale, l’accesso al credito e le assicurazioni formali siano spesso fuori dalla loro portata. Questa imprese sono, mediamente, poco redditizie. Rappresentano, comunque, soprattutto nei contesti urbani, le uniche possibilità di lavoro. Il rendimento complessivo è basso anche se il rendimento marginale può essere alto, dato che ci troviamo all’inizio della curva dei benefici marginali decrescenti, in relazione agli investimenti. Queste imprese restano piccole perché non godono delle condizioni adatte al loro sviluppo. Per quanto riguarda il lavoro, l’ambizione più diffusa è quella di ottenere un impiego pubblico, che è l’emblema della stabilità. Un lavoro sicuro può modificare radicalmente l'atteggiamento nei confronti della vita di chi ne gode. E’ l’idea che esiste un futuro su cui contare a fare la differenza tra i poveri e la classe media. La stabilità è una condizione necessaria per assumere una prospettiva lungimirante. Una prospettiva di questo tipo influenzerebbe anche l’investimento nell’istruzione dei figli. E’ importante un’occupazione di qualità, ossia stabile e ben retribuita. Gli economisti obiettano che posti di lavoro con queste caratteristiche potrebbero comportare un aumento della disoccupazione. Ma se la perdita di posti di lavoro significasse creare le condizioni affinché i bambini possano sviluppare i loro talenti, un aumento di disoccupazione potrebbe essere il giusto prezzo da pagare. Cosa si può fare per creare un maggior numero di occupazioni di qualità? Un primo passo sarebbe facilitare la migrazione verso le città e investire nell’edilizia popolare. Un altro passo consiste nel favorire l’accesso al credito. Ad esempio, si potrebbero offrire garanzie sui prestiti alle medie imprese. Oppure, si potrebbero trasferire ai dipendenti aziende statali o parte dei macchinari, terreni o edifici. Si tratta, comunque, di misure parziali, incapaci di creare le condizioni per un’uscita generalizzata dalla povertà.
10 Le politiche e il processo politico.
Le politiche, dopo che sono state concepite e definite, devono essere attuate correttamente. Spesso le istituzioni governative, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, non ne sono capaci, anche a causa della diffusa corruzione. Secondo alcuni studiosi il vero problema dello sviluppo non è quello di elaborare buone politiche, ma di correggere il processo politico migliorando le istituzioni (lo dicono gli istituzionalisti). Ma per farlo non è necessario rovesciare i governi o trasformare la società. Possono servire anche piccoli progressi graduali che si accumulano. Le difficoltà sono anche legate al retaggio del colonialismo in cui le istituzioni non miravano allo sviluppo del paese, ma a massimizzare l’estrazione, a beneficio delle potenze colonizzatrici che sono poi state sostituite dai nuovi governi. Per rimediare a questa situazione ci si chiede se i Paesi più ricchi debbano intervenire, se necessario, con la forza, oppure se i cambiamenti non possano che scaturire dall’interno. Bisogna ricordare, a questo proposito, che è più facile occupare un Paese che amministrarlo bene. Ogni Paese deve trovare una sua via autonoma per la prosperità. Non basta il libero gioco delle forze di mercato. C’è bisogno dei governi sia per fornire alcuni beni pubblici fondamentali, sia per assicurare le norme e le regole che consentono al mercato di funzionare. Ad esempio, oggi è possibile esercitare una sorveglianza dall’alto per contrastare la corruzione, tramite l’aiuto della tecnologia informatica. Oppure si potrebbe promuovere la partecipazione politica comunitaria nella responsabilità del funzionamento di scuola, sanità, strade… Per gli istituzionalisti, anche in campo economico il processo politico ha il primato sull’economia. Le istituzioni definiscono, infatti, l’ambito della politica economica. Gli autori di questo libro sono di opinione contraria, almeno nel senso che buone politiche, anche aumentando la fiducia dei cittadini, possono avere ripercussioni positive sulle istituzioni. Occorre combattere contro il problema delle 3 i: ideologia, ignoranza, inerzia. Un buon processo politico è una condizione necessaria per l’attuazione di buone politiche, ma non è sufficiente. Politiche fallimentari non sono spesso il risultato di profondi problemi strutturali, ma di ragionamenti superficiali in fase di elaborazione delle politiche. Esistono ampi margini di manovra per apportare miglioramenti marginali alle politiche e alle istituzioni. Un’attenta considerazione delle motivazioni e dei vincoli cui sono sottoposti tutti gli attori coinvolti può portare a politiche e istituzioni più efficaci.
Conclusioni
Gli economisti non sanno bene perché alcuni Paesi crescano e altri no. Una ragione plausibile è dovuta al fatto che la crescita economica richiede forza lavoro e capacità intellettuale, un’istruzione adeguata, buona salute e nutrizione: e tutto questo serve necessariamente, in attesa che scocchi l’ora della crescita. E per rendere l’attesa meno pesante, valgono anche politiche sociali efficaci che si impongano per motivazioni morali, al fine di non sprecare vite e talenti. Dall’analisi svolta in questo libro emergono alcune lezioni fondamentali:
a) divulgare informazioni fondamentali che la gente non conosce, comunicarle in maniera semplice e attraverso una fonte credibile, aiutare le persone a prendere decisioni giuste, sfruttando il potere delle opzioni di défault e di piccoli incentivi. Occorre tenere presente che i poveri sono soverchiati da un numero enorme di decisioni per potersi barcamenare in un ambiente molto ostile per loro.
b) Alcuni mercati non servono i poveri. Il risparmio è ostacolato, i prestiti comportano tassi di interesse esorbitanti. Sono tutte situazioni da cambiare. Inoltre, i governi potrebbero sussidiare diversi premi assicurativi.
c) Bisogna affrontare il problema delle 3 i (ideologia, ignoranza, inerzia), più diffuso nei Paesi poveri.
d) Bisogna non lesinare le aspettative perché le profezie tendono a auto-avverarsi. Il successi si alimenta da sé. Non bisogna avere paura di distribuire gratuitamente beni e servizi per innescare un circolo virtuoso.
La povertà esiste da millenni. Non abbiamo soluzioni a portata di mano. Ma se uniamo le forze di tante persone benintenzionate, presto o tardi approderemo in un mondo in cui nessuno sia costretto a vivere con 1 dollaro al giorno.