Felice E. La conquista dei diritti. Ed. Il Mulino, Bologna, 2022.

Introduzione 

Ha un significato l’avventura umana? Qual è il senso della storia? E’ quello che gli conferiamo noi. Dipende da una nostra scelta. Non è la nascita della città di Dio, né della Gerusalemme terrestre o l’avvento delle “magnifiche sorti progressive” vagheggiate da liberali e progressisti, né l’affermazione delle utopie rivoluzionarie. La storia trova il suo senso nella progressiva estensione e universalizzazione dei diritti e dei doveri umani. I diritti vanno estesi oltre quelli civili per abbracciare i diritti sociali e ambientali. E devono riguardare tutti i popoli e gli esseri umani della terra. Lo stesso deve accadere per i doveri perché nessun diritto può essere davvero tale se non ci si sente obbligati a rispettarli e farli rispettare. E’ la politica che deve imprimere questo corso alla storia umana. Per farlo deve attingere a 3 grandi sistemi di pensiero, combinandoli tra loro: il liberalismo, il socialismo e l’ambientalismo. Essi hanno funzioni complementari: il liberalismo per l’affermazione e l’estensione dei diritti civili; il socialismo per i diritti sociali; l’ambientalismo per la protezione delle relazioni con la natura, gli altri animali, le piante, l’ambiente. Libertà, uguaglianza, fraternità vengono, così, riconosciuti e valorizzati da questi 3 grandi sistemi di pensiero.   


Il liberalismo

 Il linguaggio ha rappresentato rilevanti vantaggi perché ha permesso la cooperazione a fronte di problemi complessi da risolvere. Era sempre più difficile procurarsi il cibo per le tribù di cacciatori raccoglitori, dopo l’estinzione del 50% delle specie di mammiferi. Queste difficoltà ingravescenti portarono all’invenzione dell’agricoltura. Il popolamento della terra, che prima era diasporico, divenne, col tempo, convergente. Le popolazioni diventarono stanziali, e la società si complessificò con la diversificazione del lavoro e la formazione della classi sociali. Divenne possibile l’accumulo nei granai. Incominciarono le disuguaglianze. L’ideologia che sosteneva questa organizzazione sociale si basava sull’idea di un’autorità che poteva assicurare la pace (il Leviatano di Thomas Hobbes, scritto nella prima metà del 600) e sull’idea di un ordine basato sulla condizione di nascita. Vigeva l’etica della rassegnazione, per cui ciascuno doveva restare al suo posto, e la politica della sottomissione, che imponeva di sottostare al volere dell’autorità. Questo era il mondo prima del liberalismo. Fu nella Grecia classica che si vide l'alba dei diritti umani. In particolare, i sofisti affermarono l’esistenza di leggi di natura cui le leggi fatte dagli uomini, il diritto positivo, devono conformarsi. Gli esseri umani sono cittadini di un medesimo Stato. In aperta contrapposizione con la sottomissione e il dispotismo, si parlò di libertà, eguaglianza e fraternità. Queste idee furono riprese dallo stoicismo e di lì furono trasmesse al mondo romano da pensatori come Seneca. Tutti noi discendiamo dallo stesso principio ordinatore del mondo, il logos, combinazione di parola e ragione. Sono idee che verranno riprese dalle grandi religioni monoteistiche. Ad esempio, è fortissima, per il cristianesimo delle origini, la spinta egualitaria. Poi, nel 400, è l’umanesimo, con il fervore per lo studio dei classici greci e romani, che mette al centro della sua visione del mondo la persona umana. L’uomo vitruviano di Leonardo, inscritto in un cerchio che rappresenta il cielo e in un quadrato che rappresenta la terra ne è uno dei simboli più significativi di questa visione (1490). Anche Grozio, giurista e teologo olandese che visse le atrocità della guerra dei 30 anni (1618-1648), formulò la teoria di un diritto naturale, derivante dalla razionalità e dalla socialità umana. Il diritto diventa, così, indipendente dal soprannaturale. E’ l’essere umano il fondamento della legge. Si completa l’umanesimo. Esistono quindi dei diritti umani. Sulla base della loro esistenza, la conoscenza deve essere rivolta al miglioramento delle condizioni umane. La storia non è più ciclica, ma lineare. L’Inghilterra, con John Locke, diventa la patria del pensiero liberale a fine 600. Contrappone al Leviatano di Hobbes la separazione dei poteri e il sistema parlamentare per garantire i diritti naturali: la vita, la libertà, l’uguaglianza di fronte alla legge, la proprietà. Venne, poi, il secolo dei lumi. Una decina di anni dopo la dichiarazione d’indipendenza degli stati Uniti (1776), scoppiò la rivoluzione francese. Scoppiò nel Paese più potente d’Europa, il 3’ più popolato al mondo, dopo India e Cina. La Gran Bretagna contava la metà dei suoi abitanti. Con la rivoluzione si introducono anche diritti sociali come quello della sussistenza per cittadini sventurati, sia procurando loro un lavoro, sia assicurando mezzi di sussistenza. Si introduce, anche, il diritto all’istruzione. Si stabilisce che vi è oppressione del corpo sociale anche quando uno solo dei suoi membri è oppresso. Il liberalismo è un’ideologia che interpreta la storia umana come storia della libertà. E’, soprattutto, libertà da oppressioni, ossia libertà negativa, secondo la terminologia di Berlin. Fra i diritti fondamentali c’è la proprietà privata, lo strumento principale per poter affermare la propria libertà. Il liberalismo vuole salvare i frutti della rivoluzione francese, ma anche evitare gli eccessi del Terrore. Sono la crescita economica e il progresso a favorire la realizzazione umana. Il liberalismo si presenta come l’ideologia politica del capitalismo. Lo “spirito” del capitalismo vede l’arricchimento individuale non solo come mezzo, ma come fine dell’esistenza. Il liberalismo dell’800, sull’onda della rivoluzione industriale, procede su 2 gambe: quella della politica, fondata sui diritti umani, e quella dell’economia, basata su competizione e innovazione. Nel corso dell’800 venne abolita la schiavitù, ma il razzismo, anche nelle sue forme più feroci, ci accompagnò lungo il secolo scorso. (NDR Fino agli anni 60 del 900 nessun omicidio, subito dai neri ad opera del Ku Klux Klan negli Stati del sud, venne punito!) L’uguaglianza dei diritti è il fondamento della libertà. Ma il diritto di proprietà e la libertà di impresa sostenuti dagli Stati nazionali che fanno gli interessi delle élite provocano disuguaglianze abissali tra i cittadini sia nel reddito che nella ricchezza. Sul piano internazionale la disuguaglianza è ancora più grave che all’interno degli Stati-nazione anche a causa del colonialismo. Il genocidio, nel Congo, ad opera di Leopoldo 2’ fu il caso di colonialismo più raccapricciante con 8-10 milioni di morti (1886-1908). NB A fronte di 12 milioni di schiavi deportati in 3 secoli dai Paesi africani. Negli anni 30 Goebbels rinfacciava a Churchill una forte dose di ipocrisia perché la Germania veniva accusata per le leggi razziali, mentre il regno Unito teneva soggiogati milioni di persone in India e Africa. A fronte di questi eccessi ci fu un liberalismo che fece proprie le istanze sociali e estese il ruolo dello Stato. Si tratta di un liberalismo progressista che si ancora all’idea di una libertà sostanziale, non solo formale (vedi art. 3 della nostra Costituzione). Ma ci fu anche il neoliberismo che abbracciò le teorie del darwinismo sociale e sfociò nelle derive del razzismo e del nazismo. Friedrich Von Hayeck e Milton Friedman contrastarono la socialdemocrazia, il luogo d’incontro tra liberalismo e socialismo e le idee keinesiane sul ruolo dello Stato in economia in nome del rispetto dei diritti dell’uomo che non sono solo civili, ma sociali e ambientali. Dagli anni 90 la maggior parte degli Stati del mondo ha aderito ai presupposti della crescita capitalistica secondo le regole del mercato. L’ordine globale si fonda su deregolamentazione, liberalizzazione e privatizzazione. Il diritto di proprietà e la libertà economica sono prioritari rispetto a tutti gli altri . Nel 1971 J. Rawls pubblica la teoria della giustizia. Concilia libertà e uguaglianza. Sua è la metafora del velo d’ignoranza e il principio di differenza.  


Il socialismo 

Il socialismo nasce, come il liberalismo, in epoca illuministica. Fu principalmente Rousseau a porre il problema della uguaglianza non solo formale. Critica la legittimità della proprietà privata. Un precursore importante del pensiero socialista fu Tommaso Moro con il suo libro Utopia, pubblicato nel 1516, un anno prima della riforma protestante. Viene abolita la proprietà privata e a ciascuno viene dato secondo i suoi bisogni. Moro si scaglia contro il sistema delle recinzioni che ha privato i contadini dei beni comuni per arricchire i nobili, proprietari terrieri nel Regno Unito. Dopo Utopia, più di 100 anni dopo, la nuova Atlantide di Francis Bacon nel 1627 affida ai tecnocrati la guida della società, sulla base della fiducia nel metodo scientifico e nel progresso. Nella seconda metà del 600, per J. Locke, la proprietà privata viene legittimata dalla dignità del lavoro. Esistono dei diritti naturali di cui tutti sono titolari allo stesso modo. La proprietà privata e l’arricchimento individuale sono strumenti per l’autorealizzazione ma vanno orientati a fini sociali (art 41 e 42 della costituzione).

Il socialismo si propone di migliorare le condizioni di lavoro della società capitalistica in seguito alla rivoluzione industriale. Sprona i liberali progressisti e anche i movimenti sociali di ispirazione cristiana. Nel 1848 viene pubblicato, da Marx e Engels, il manifesto del partito comunista. Si contrappongono l’ideologia della borghesia (il liberalismo) e l’ideologia del proletariato (il socialismo). Per Mazzini (1860), prima ancora dei diritti, il cittadino ha dei doveri che discendono dalla fratellanza universale del genere umano. Non basta non nuocere, bisogna giovare… Convergono il liberalismo progressista e il socialismo riformatore con J. Stuart Mill, nella seconda metà dell’800. Il vescovo di Magonza Kettler è forse il fondatore della dottrina sociale della Chiesa (1811-1877). Dopo Locke, J.S. Mill nell’800 è l’autore più influente del liberalismo inglese di tipo progressista. Mill apre, addirittura, all’ambientalismo parlando di limiti alla crescita e di arte di vivere, anziché far leva sul mito della crescita. A inizio 900 sono i leader del partito liberale nel Regno Unito a intestarsi importanti riforme sociali: dalle pensioni alla disoccupazione, al lavori minorile fino a una prima assicurazione contro la malattia (1911). Successivamente lord Beveridge, all’epoca della seconda guerra mondiale, creerà il vero e proprio stato sociale a destinazione universalistica. Questo sarà poi realizzato dal governo laburista nel 48. Sempre nell’U.K., J.M.Keines, un liberale, teorizza la necessità dell’intervento pubblico in economia, dopo la crisi del 29 (grande depressione).

Sul continente il liberalismo progressista trova affinità con il solidarismo francese e la socialdemocrazia tedesca e scandinava. Nel 1919 la costituzione tedesca è la prima a riconoscere i diritti sociali grazie a un ampio welfare state e alla partecipazione dei lavoratori alla vita economica. I socialisti riformisti rinunciano all’abbattimento del capitalismo. Si accontentano di riformarlo basandosi su un’economia di tipo misto, in cui lo Stato si affianca al mercato. L’antifascista Carlo Rosselli (1899-1937), nel libro “Socialismo liberale”, mette insieme le 2 ideologie. NDr Nel 1971 J. Rawls teorizzerà l’egualitarismo liberale. La rivoluzione russa dell’ottobre 1917 separa le 2 ideologie e dà luogo a uno dei totalitarismo più oppressivi mai comparsi sulla terra. I totalitarismo di destra e di sinistra escludono la nascita dello Stato di diritto. Esiste, per loro, una legge di natura superiore. E’ quella della superiorità della razza ariana per il nazismo. E della lotta di classe per il comunismo. La vera natura dei regimi totalitari non va identificata guardando all’economia, ma alla loro ideologia politica che assolutizza il valore dell’uguaglianza rispetto a quello della libertà. Stalin uccise circa 20 milioni di cittadini russi su 180 milioni di abitanti.

Gramsci, in Italia, tra le 2 guerre, elaborò la via italiana al socialismo ricongiungendosi con l’impostazione socialdemocratica. Nel connubio tra liberalismo e socialismo il pensiero democratico funziona da lievito come aveva intuito Bernstein. La sovranità viene suddivisa nei suoi 3 poteri. Le votazioni sono a suffragio universale, la democrazia è rappresentativa.

Tra le 2 guerre, il partito democratico, con Roosvelt, lancia il new deal dopo la crisi del 29.

Al termine della seconda guerra mondiale gli Stati democratici riconoscono pienamente i diritti sociali. Nel 48 viene approvata dall’Onu la Dichiarazione universale dei diritti umani. L’art. 28 oltrepassa la sfera dello Stato nazione e entra in quella sovranazionale. “Ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciate in questa dichiarazione possano essere pienamente realizzati”. Tale ordine dovrebbe essere garantito dalle neonate Nazioni Unite. La liberal-democrazia diventa, così, globale. Si astennero i Paesi del blocco sovietico. La commissione che la elaborò era presieduta da Eleonora Roosvelt.

Anche la costituzione italiana fu una sintesi tra pensiero liberale, socialista e democratico di tipo laico e cristiano. Art. 41 e 42: l’iniziativa economica e la proprietà privata, pur riconosciute e garantite, devono essere indirizzate e coordinate a fini sociali e non possono svolgersi in contrasto con la sicurezza , la libertà e la dignità. Art. 43 prevede le condizioni per la statalizzazione o socializzazione di alcuni mezzi di produzione, servizi pubblici essenziali o settori strategici che abbiano carattere di eminente interesse generale.

I 30 anni successivi alla seconda guerra mondiale videro nel mondo ? la maggior crescita economica e il maggior avanzamento nei diritti. Tra gli anni 50 e 70 si incominciò a premere anche per altri diritti civili, quelli di 2’ generazione: divorzi, IVG, matrimonio per coppie dello stesso sesso. Negli anni 90 P.Van Parijs insisteva sulla libertà reale. Nello stesso periodo A. Sen parlava delle capacità, ossia del potenziale in dotazione a ciascuna persona per realizzare liberamente la propria vita, da trasformare in funzionamenti, ovvero in modalità concrete di pensare ed agire. Tutte le democrazie dovrebbero supportare queste capacità. Martha Nussbaum ne ha elencate una decina. Sono libertà sostanziali. Sulla base delle idee di Sen si è sviluppata negli anni 90 l’elaborazione dell’indice di sviluppo umano (reddito, istruzione, speranza di vita) tenendo conto anche del grado di disuguaglianza. I diritti sono tutti fondamentali per la realizzazione della persona umana.

Ma negli anni 90 il connubio tra liberalismo e socialismo è andato in crisi. Si è stabilito il primato dei diritti civili su quelli sociali, della libertà sull’uguaglianza, del mercato sulla politica. Un ruolo cruciale lo ebbe l’Unione sovietica. Dapprima come sistema rivale rispetto a quello occidentale, sollecitò delle riforma importanti nell’ambito dei diritti sociali. In seguito, dopo la caduta del muro di Berlino (1989) e il crollo dell’impero sovietico (91), testimoniarono l’inferiorità del loro sistema ideologico e politico rispetto a quello delle società occidentali. Il capitalismo si sentì più libero di ricercare il massimo profitto comprimendo i diritti sociali. E così aumentarono anche le disuguaglianze. Dopo il favoloso trentennio successivo alla seconda guerra mondiale, in cui i tassi di crescita raggiunsero traguardi mai visti e in cui si ridussero le disuguaglianze e vennero estesi i diritti civili e sociali, negli anni 80 la crescita diminuì e le disuguaglianze si approfondirono: più negli Usa e in Uk che nei Paesi europei. Ma l’Italia fu un’eccezione negativa. Negli Usa sono aumentati, tra i maschi bianchi non ispanici e non laureati le morti per disperazione (suicidi, alcol, overdose). La crisi degli anni 70 porta alla stag-flazione e all’abbandono delle politiche keinesiane. Nel frattempo era finita l’era degli accordi di Bretton Woods (1944-1971) che assicuravano un sistema di cambi fissi basati sul dollaro. Si avviò la liberalizzazione del movimento dei capitali che rendeva sempre più difficoltosa la redistribuzione perché i capitali si spostano là dove si pagano meno tasse. Non si capì che per difendere i lavoratori osteggiati da una classe imprenditoriale organizzata su scala globale bisognava cedere sovranità a un livello superiore sovranazionale per riuscire a governare il capitalismo e l’economia finanziaria. Le cose non cambiarono anche quando, negli anni 90 del 900, le forze di centro-sinistra tornarono al potere in quasi tutti l’occidente. Dopo il fallimento delle economie pianificate, era più comodo pensare che il mercato potesse sollevare la politica dalle sue responsabilità. Alla fine del 900 l’ordine mondiale era fondato sia sulla liberalizzazione del mercato dei capitali che di quello del commercio con l’eliminazione o riduzione di dazi e contingentamenti. Questo ha recato dei vantaggi ai Paesi in via di sviluppo. Ma ha recato, con le delocalizzazioni, svantaggi alle classi lavoratrici dell’Occidente. Il colpo inferto è stato anche più duro perché la contemporanea liberalizzazione del movimento dei capitali ha eroso la capacità redistributiva degli Stati-nazione. Dagli anni 50 agli anni 70 del 900 le imposte sul reddito erano fortemente progressive con decine di scaglioni. In Italia nel 73 c’erano 32 aliquote dal 10% al 72%. Le aliquote massime arrivavano al 70-80%. L’effetto redistributivo era palese. Oggi si parla di flat tax. Le aliquote più alte sono scese al 43%. Anche i partiti di sinistra si sentono impreparati ad agire su base sovra-nazionale. I diritti di proprietà intellettuale, i brevetti, hanno il vantaggio di incentivare le innovazioni, ma lo svantaggio di favorire i monopoli e di rallentarne la diffusione.

Nel corso degli anni 80 è diventata brevettabile anche la ricerca di base, non solo quella applicata. Ed è diventata brevettabile qualsiasi modifica, anche i più piccoli cambiamenti nei processi e nei prodotti. Lo Stato, che dovrebbe promuovere la concorrenza ha fallito e danneggiato i consumatori con prezzi eccessivamente alti. I cambiamenti sono avvenuti nella teoria e nella pratica della legislazione anti-trust. All’origine c’è la convinzione che la ricerca debba essere fatta da privati e soggetta alle logiche del profitto. Se si vuole diffondere l’innovazione occorre cambiare il modello di ricerca, renderla pubblica e aperta. Deve essere finanziata pubblicamente e messa a disposizione di tutti, soprattutto quella di base, ma anche parte di quella applicata.

Negli ultimi anni, gli attacchi alle istituzioni democratiche si stanno diffondendo in Europa e in Eurasia. La crisi finanziaria del 2008, la crisi ecosistemica e la pandemia hanno determinato un  rilancio del liberalismo “inclusivo”, secondo Salvati. Il Next generation Eu (2020) rappresenta un punto di svolta per la politica europea, prima orientata all’equilibrio di bilancio. Fin dal 2015 le nazioni unite nella conferenza di Parigi avevano disegnato un tornante di portata storica definendo gli obbiettivi dello sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Picketty punta sulla cogestione tedesca e scandinava e sulle imposte progressive dei redditi, proprietà e successioni. Attraverso la democratizzazione dell’economia si può raggiungere una maggiore eguaglianza non solo a valle, ma anche a monte della redistribuzione.


L’ambientalismo

La storia umana può essere letta anche come storia di sopraffazione su altri esseri umani, su animali e natura. Storia di estinzioni di massa anche da parte dei cacciatori-raccoglitori, ben prima della rivoluzione agricola. Allora, però, le uniche sofferenze inflitte agli animali erano quelle necessarie al nostro sostentamento.

Negli ultimi 200 anni siamo passati da 1 miliardo a 8 miliardi di persone e da una speranza di vita di 25 anni a una di 73. Il reddito medio pro-capite è aumentato di 13-14 volte.

Abbiamo incominciato a parlare di diritti degli animali e anche delle piante, dei fiumi, dell’ambiente naturale… L’ambientalismo ha a che fare col liberalismo (libertà estesa a tutti grazie alla limitazione del potere) e il socialismo (giustizia e attenzione a chi non ha voce).

Empedocle d’Agrigento nel 5’ secolo aC e poi Lucrezio e Virgilio nel 1’ secolo aC rifiutano l’alimentazione a base di carne e i sacrifici di animali. Poi Francesco d’Assisi (nel 13’ secolo), Locke, Kant, Rousseau…

Gli allevamenti intensivi, a partire dai polli, rappresentano l’esempio più crudele della sofferenza e sfruttamento degli animali. Il liberalismo, a fronte degli allevamenti intensivi, precipita in contraddizione così come era accaduto nel corso dell’800 e 900 col colonialismo e con l’Olocausto del Congo belga. Sembra paradossale, ma la legislazione più avanzata a favore degli animali fu quella emanata dai nazisti negli anni 30. Hegel propone di interpretare la storia umana come storia della libertà. Per Marx, invece, la storia è storia della lotta di classe. Nel 900, poi, la storia diventa quella di una progressiva estensione dei diritti. L’animalismo e l’ambientalismo corrispondono con la progressiva emancipazione degli oppressi, di quelli che non hanno voce. Nella prima guerra mondiale morirono 8 milioni tra cavalli, muli e asini. Nella 2’ ne morirono solo 2 milioni. La tecnologia ci ha fatto risparmiare milioni di vite animali. La tecnologia corre molto più rapidamente dell’etica e della politica. L’abisso che si forma può condurre l’umanità all’autodistruzione. Si possono definire delle priorità etiche rispetto al consumo di carne. Quella di base è limitarsi ad alimenti che provengono da allevamenti biologici; la seconda è il vegetarianismo; la terza è il veganesimo. Per un uso etico degli animali negli esperimenti occorre: replacement; reduction, refinement (minimizzare il dolore).

1969 l’uomo mette piede sulla luna, 1972 esce il libro “I limiti dello sviluppo”, rapporto del club di Roma; 1972 prima conferenza a Stoccolma “’ sull’ambiente umano che deve essere di qualità per consentire benessere e dignità. 1992 seconda conferenza Onu sull’ambiente a Rio de Janeiro. Il suo principale strumento di attuazione è il protocollo di Kioto nel 1997.

La svolta avviene, però, a Parigi nel 2015 con l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. E’ un vero tornante per la storia umana. Ma Trump, nel 2016 dichiara di volerne uscire. L’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco era stata pubblicata qualche mese prima della conferenza di Parigi e parlava di ecologia integrale, attenta alla natura e all’essere umano. Oggi il liberalismo deve scegliere tra una concezione individualistica e una personalistica dell’essere umano.

Il socialismo deve scegliere tra una prospettiva nazionale e internazionale. L’ambientalismo, che è, per sua natura, relazionale e globale, può aiutare sia il liberalismo che il socialismo nella scelta della strada più appropriata. La relazione tra sviluppo economico e inquinamento potrebbe avere un andamento a u rovesciata, se la politica facesse un buon uso della tecnologia. Il mercato non basta più. E non basta più lo Stato nazione. L’impronta ecologica misura la quantità di terra necessaria per sostenere il consumo di risorse naturali. Se è superiore a quella che abbiamo in dotazione significa che stiamo consumando a spese di altri e delle future generazioni. L’agenda 2030 va celebrata come il passo più importante compiuto dalla umanità per una politica condivisa finalizzata ad affrontare i maggiori problemi dell’umanità (pag 320).

Si pone il problema della cogenza di quelle enunciazioni perché per la loro attuazione non è prevista una sovranità comune. C’è, però, un monitoraggio costante da parte di un forum dell’0nu.

Il presidente americano Wilson è il padre della società delle nazioni (1920), nata per risolvere pacificamente le dispute tra gli Stati. Il progetto sarà poi ripreso da Roosvelt sul finire della 2’ guerra mondiale. Il sogno è un ideale cosmopolitico di una federazione di Stati liberi, un’unione che affratelli tutti i popoli della terra. A partire dalla scienza bisogna progredire anche nella morale e nella politica. Ne è interprete il positivismo di Auguste Comte nel corso dell’800, così come il filosofo JS Mill. Mentre l’800 è l’epoca dell’ascesa e della fiducia nel progresso, il 900 è l’epoca del disincanto. Si scopre l’attualità del pensiero di Nietzsche, per cui non c’è senso nelle cose dell’uomo e del mondo. Anche l’inconscio di Freud spalanca lo sguardo sull’irrazionalità umana. Sul piano scientifica la meccanica quantistica di Heisenberg e Bohr faceva crollare le certezze della fisica newtoniana. L’ascesa del consumismo e il ritorno dei fanatismi religiosi decretavano, intanto, il fallimento del progetto illuministico che vede la storia come progressivo affermarsi di ragione e diritto. Ma sta a noi dare un senso alla storia, nonostante le difficoltà e le smentite.