Introduzione
La crisi finanziaria non ha solo insinuato il dubbio che i mercati non siano sempre gli strumenti migliori per regolare la distribuzione di beni e servizi. Ha anche suscitato la convinzione che i mercati si siano troppo allontanati dalla morale e che la riflessione etica si sia in qualche modo eclissata nel dibattito politico. Non è solo per una questione di avidità dilagante, ma anche per la rinuncia della politica a dibattere di vita buona, che il mercato, con le sue leggi, ha invaso delle sfere della vita che non gli appartengono. La rinuncia della politica è stata motivata da 2 movimenti di pensiero: la teoria liberale moderna e la teoria economica neo-classica. Occorre, invece, interrogarsi su quello che i soldi possono o non possono comprare. Riflettiamo, ad esempio, sulla proliferazione di scuole, ospedali, prigioni a fini di lucro e sull'esternalizzazione della guerra a compagnie militari private. Consideriamo il dilagare delle società di vigilanza e sicurezza private, il marketing aggressivo delle aziende farmaceutiche, l'estensione della pubblicità nelle scuole pubbliche e negli ospedali, la vendita dei diritti di denominazione nei parchi e spazi pubblici, la vendita di ovuli e spermatozoi griffati, l'esternalizzazione delle gravidanze a madri surrogate nei Paesi in via di sviluppo, la compravendita, da parte di Paesi e aziende, del diritto di inquinare, il sistema di finanziamento delle campagne elettorali che porta, quasi, ad autorizzare la compra-vendita dei voti. Ci rendiamo conto, così, che non tutto può essere messo in vendita. Per 2 ragioni fondamentali. 1) La prima riguarda la disuguaglianza: il fatto che col denaro si possa oggi comprare qualsiasi cosa allarga il divario esistente tra ricchi e poveri. Si acuisce il risentimento, la sfiducia, lo stress. Non si tratta solo di possedere o non possedere uno yacht, ma anche di avere una buona istruzione, un'adeguata assistenza sanitaria, vivere in un quartiere sicuro, respirare un'aria pulita. 2) La seconda ragione riguarda il potere corrosivo dei mercati. I mercati lasciano il segno, degradano, corrompono, inquinano i beni che manipolano perché li trasformano in merci, in strumenti di profitto e di consumo. Il dilagare dei mercati ha trasformato la società. Non abbiamo solo un'economia di mercato, siamo diventati anche una società di mercato. L'economia di mercato è uno strumento prezioso per organizzare l'attività produttiva. La società di mercato è un modo di vivere in cui i valori di mercato penetrano in ogni aspetto delle attività e delle relazioni umane.
1 Saltare la coda
Saltare la coda ai controlli di sicurezza negli aeroporti pagandone il prezzo non è la stessa cosa che pagare per avere un sedile più comodo o la priorità nell'imbarco. I controlli di sicurezza sono una componente della difesa nazionale, non un confort. Aspettare il proprio turno per questo motivo fa parte di un dovere civico cui non ci si può sottrarre col pagamento di una certa somma di denaro. Potere accedere, pagando, alle corsie preferenziali più veloci, riservate al car pooling anche da parte di auto con un unico passeggero non è iniquo? Di fronte al problema del traffico e dell'inquinamento non è giusto che ciascuno faccia la sua parte per cercare di contrastarli senza aggirare il divieto col pagamento di una somma di denaro? E' equo, pagando, saltare le code per una visita medica? Il criterio di accesso dovrebbe essere quello della gravità e dell'urgenza, non la capacità e disponibilità a pagare. Ci sono anche delle persone che fanno la coda per procurarsi la possibilità di accedere alle sedute del congresso e vendono poi questo diritto ai lobbisti. L'etica della coda "primo arrivato, primo servito" sta per essere sostituita dall'etica del mercato: "ottieni ciò per cui paghi". Bisogna sempre considerare la finalità della coda. Talvolta pagare per saltare la coda equivale e corrompere una pratica sociale, degradarla, valutarla secondo parametri inferiori e inappropriati. Quando un bene è allocato in base a un prezzo viene trasformato in una merce. Il pagamento può anche non essere illegale, ma svilisce il bene oggetto di compra-vendita. Prima di decidere se un bene possa essere allocato dal mercato, dobbiamo decidere che tipo di bene sia e come debba essere valutato. Qualcuno aveva tentato di vendere i posti, col bagarinaggio, addirittura per la partecipazione alla messa celebrata dal Papa. Ma trattare i rituali religiosi o le meraviglie naturali come merce li svilisce, è una mancanza di rispetto. I mercati e le code non sono gli unici modi per allocare beni e servizi, Alcuni vengono distribuiti per merito, altri per bisogno, altri a sorte.
2 Incentivi
In una società di mercato dilaga l'uso di incentivi monetari finalizzati a modificare i comportamenti delle persone. Ad esempio, sono stati offerti negli Usa degli incentivi per convincere donne tossicodipendenti a sottoporsi alla sterilizzazione o alla contraccezione di lungo periodo. Ci sono 2 obiezioni a un programma di questo tipo: 1) la coercizione, poiché la scelta di aderire può essere fortemente condizionata dalle necessità della tossicodipendenza. Il denaro finisce, così, per sovvenzionare la propria dipendenza. 2) la corruzione. Si può finire per valutare la propria capacità riproduttiva come un mezzo di guadagno economico piuttosto che come un dono o un incarico fiduciario da esercitare secondo norme di responsabilità e cura. Si rischia di svalutare e umiliare noi stessi e il nostro corpo. Recentemente l'economia ha voluto trasformarsi in una scienza del comportamento umano. Alla base di questa scienza esiste la convinzione che in tutte le sfere vitali le persone decidono soppesando i costi e i benefici delle alternative possibili e scegliendo la più vantaggiosa. Perciò qualsiasi cosa può avere un prezzo: o un prezzo esplicito, come per i prodotti materiali o un prezzo implicito, come per la salute, l'istruzione, la sicurezza, la tutela dell'ambiente, la riproduzione. Un riflesso di queste trasformazioni dell'economia è l'uso crescente degli incentivi monetari per risolvere problemi sociali. Ad esempio, pagare i bambini per ottenere bei voti rischia di trasformare lo studio in uno strumento di guadagno piuttosto che in un fine in se stesso connesso col miglioramento della cultura e la valorizzazione della nostra vita. Incentivi vengono offerti anche in ambito sanitario da parte di assicurazioni (esempio, per compliance di terapia ani-coagulante, o di farmaci anti-psicotici, per vaccini anti HPV. Anche per smettere di fumare, controllare il peso, la pressione, la colesterolemia (sono le aziende che offrono ai lavoratori premi più bassi per polizze sanitarie assicurative). Altre aziende penalizzano i lavoratori che hanno stili di vita meno sani. La prima obiezione riguarda l'equità. Alcuni osservano che in questo modo si premia il vizio e l'indolenza perché ognuno dovrebbe essere responsabile della sua salute. Altri, all'opposto, sostengono che si perseguitano le vittime e si puniscono le persone che non riescono a mantenere sotto controllo i propri parametri vitali. 2) la seconda obiezione riguarda la corruzione del bene salute. Bisogna avere rispetto e cura per il proprio corpo e la propria salute. La salute va mantenuta e promossa per amore di sé e dei propri cari, non per guadagnare dei soldi. Il mercato non è un meccanismo innocente, neutrale. Nelle sfere che il mercato invade si insedia la supremazia del denaro e del profitto. Vengono estromessi i valori che erano tipici e più appropriati per quelle sfere. I mercati lasciano il proprio segno sulle pratiche sociali. Presuppongono e promuovono determinati modi di valutare i beni che vengono scambiati. Ad esempio, vendere i diritti di asilo politico induce a pensare che i rifugiati siano oneri da scaricare o fonti di reddito piuttosto che esseri umani in pericolo. Le sanzioni pecuniarie vanno distinte dalle tariffe. Esse implicano anche una disapprovazione morale. Ad esempio, in Finlandia le commisurano al reddito del trasgressore. Una multa per eccesso di velocità è costata a un ricco trasgressore 170.000 euro. Alla conferenza di Kyoto sul riscaldamento globale si è deciso che i Paesi dovrebbero o ridurre le proprie emissioni di CO2 o pagare altri Paesi perché riducano le proprie. Anziché fare un commercio del diritto di inquinare dovremmo rafforzare lo stigma morale associato al saccheggio ambientale. Il problema morale che sorge riguarda la esternalizzazione di un'obbligazione civile. Ognuno deve fare il possibile, non pagare altri perché agiscano al suo posto. Permettere ai Paesi ricchi di comprare il modo per sottrarsi a cambiamenti significativi delle proprie abitudini consumistiche rafforza un cattivo atteggiamento: considerare la natura come una discarica per quanti possono permetterselo. L'etica ambientale richiederebbe, invece, moderazione e sacrifici condivisi. Non si può pagare per sparare a un rinoceronte o a un tricheco. Come valutiamo la vita di queste bestie? In questi ultimi decenni, dagli anni 80, gli incentivi sono diventati la pietra angolare della vita moderna, e l'economia la scienza degli incentivi. L'economia non può essere una scienza avalutativa (nel senso che si rifa unicamente ai valori attribuiti dai contraenti) ma è condizionata dalla filosofia politica e da quella morale. L'obiezione più rilevante all'utilitarismo, ossia alla teoria di etica pubblica cui sono soliti riferirsi gli economisti, è che non possiamo limitarci a massimizzare l'utilità dei singoli individui senza tener conto del suo valore morale. Quando la logica di mercato riguarda i beni materiali è ragionevole assumere che il valore dei beni sia attribuibile dai consumatori in base alle loro preferenze. Quando, invece, sono in gioco salute, istruzione, politiche sull'immigrazione, tutela ambientale... allora devono prevalere altre logiche. Nei beni materiali l'aumento del prezzo riduce la domanda. Non è lo stesso per le pratiche sociali. Ad esempio per la pratica sociale di ritardo nel ritirare i figli dall'asilo nido, invece, l'imposizione di una sanzione ha aumentato la domanda: è aumentato il numero dei genitori che ritardavano. Quella pratica sociale, infatti, non è stata più vissuta come mancanza di rispetto per le maestre dell'asilo, ma come fruizione di un servizio pagato con una tariffa. L'estensione del mercato ha alterato le regole precedenti di convivenza civile.
3 Come i mercati allontanano la morale
Ci sono delle cose che i soldi non possono comprare. Ad esempio, non si possono comprare gli amici o il premio Nobel. Il denaro dissolverebbe il bene dell'amicizia o il valore del premio Nobel. Ma non si possono comprare neanche i reni o i neonati. In questo caso il denaro non dissolverebbe i beni che si comprano, ma li degraderebbe. Ad esempio, l'essere umano non è un insieme di pezzi di ricambio. Lo stesso si può dire per l'acquisto di un discorso per una cerimonia di nozze. Si sta diffondendo l'uso di fare regali in denaro. Il presupposto di questa tendenza è che nessuno meglio di noi sa che cosa ci è utile e ci piace. Fare i regali non in denaro comporta, perciò, un'enorme dissipazione di utilità. Ma questa usanza dilagante presuppone, anche, una concezione immiserita dell'amicizia. Fare regali è un modo di essere in sintonia con un'altra persona, è un modo di impegnarsi e di prestare attenzione a chi riceve, in un modo premuroso che riflette un certo grado di intimità. Certo, il regalo in denaro rende la vita più facile a chi fa il dono e offre più opzioni a chi lo riceve. L'opposizione al mercato fa leva su 2 principali obiezioni. 1) La disuguaglianza, perché non tutti hanno la capacità e la disponibilità di pagare. Inoltre, il potere contrattuale non sempre è equamente distribuito tra i contraenti. 2) La corruzione, perché la logica di mercato può degradare i beni morali e civili che sono oggetto di transazione. La logica economica standard sostiene che la mercificazione di un bene non ne altera il carattere. Ma ciò è appropriato per i beni materiali. Ad esempio, in un paese di montagna della Svizzera centrale fu fatto un referendum sulla disponibilità a stoccare delle scorie naturali. La maggioranza della popolazione era favorevole. Quando poi si offrì anche la possibilità di risarcire ogni cittadino con un pagamento annuale, la maggioranza divenne contraria. Ritenevano, infatti, di non doversi fare corrompere. Attenzione, anche, ad offrire incentivi finanziari per attività che dovrebbero essere mosse da motivazioni umanitarie. Possono essere contro-producenti. Bisogna risvegliare il senso civico dei cittadini, la loro solidarietà, l'altruismo, lo spirito di abnegazione. Quando le persone sono impegnate in un'attività che considerano intrinsecamente di valore (istruzione, sanità, lavoro, associazioni di volontariato) offrire loro denaro può indebolire la motivazione attraverso il deprezzamento e l'allontanamento dei loro interessi o impegni intrinseci. La teoria economica standard assume che le motivazioni intrinseche e quelle esterne (monetarie) si sommino tra loro. Essa non coglie l'effetto corrosivo del denaro. Aumentare gli incentivi monetari porta a ridurre anziché accrescere l'offerta. E' emblematico l'esempio del sangue. Nel Regno Unito il sistema della donazione è su base volontaria. Negli Usa una parte del sangue viene donata, un'altra parte viene comprata da banche commerciali del sangue che pagano le persone. Le cose vanno peggio negli Usa per quanto riguarda la raccolta. Trasformare il sangue in un prodotto di mercato indebolisce lo spirito di altruismo e danneggia la relazione di gratuità. Il declino dello spirito del dono produce un impoverimento morale e sociale della vita. NB Il modo in cui la società organizza e struttura le proprie istituzioni sociali, in particolare sanità e welfare, può incoraggiare o scoraggiare l'altruismo che alberga nell'essere umano. Le società guidate dai mercati potrebbero diventare così inospitali verso l'altruismo da inaridire la nostra generosità. Ad esempio, commercializzare il sangue cambia il significato del donarlo. E' ancora un atto di generosità o una pratica lavorativa iniqua che priva la persona bisognosa del remunerativo impiego della vendita del proprio sangue? Chi vuole far leva sul mercato spesso sostiene che non dovremmo contare troppo sull'altruismo perché esso è una risorsa scarsa che si esaurisce man mano la usiamo. Invece, l'altruismo e la virtù civica non si esauriscono come il carbon fossile. Se non vengono esercitate si atrofizzano. Se si coltivano crescono. Compiendo azioni giuste diventiamo giusti. Non sono come merci che vengono consumate dall'uso. Sono come muscoli che vengono rinforzati con l'esercizio. Il difetto di una società guidata dal mercato è lasciar languire e atrofizzare queste virtù. La logica di mercato allontana il dibattito politico sulla vita buona e sulle virtù civiche. Ognuno è libero di costruire la propria concezione di vita buona. Per la teoria liberale moderna, che si rifa in parte all'utilitarismo, il bene non è altro che un'aggregazione di molte valutazioni che gli individui fanno sul proprio benessere. Non è qualcosa che può essere stabilito in "condizioni discorsive ideali" separatamente da queste preferenze individuali, sulla base di una teoria morale indipendente o tramite l'applicazione di principi condivisi e la valutazione delle conseguenze della loro applicazione.
4 I mercati della vita e della morte
A partire dagli anni 80 e 90 le aziende incominciarono investire, negli Usa, miliardi di dollari nelle polizze assicurative sulla vita dei loro dipendenti. Lo facevano per via delle agevolazioni fiscali di cui beneficiavano questi investimenti. Il pretesto per farlo era che le aziende, in caso di morte, volevano essere risarcite per i costi sostenuti nella formazione e nella sostituzione del dipendente. Così, l'assicurazione sulla vita si è trasformata da una rete di sicurezza per i familiari in una strategia finanziaria aziendale. Ma si possono fare diverse obiezioni. 1) Questa strategia aziendale non favorisce la sicurezza sui luoghi di lavoro né la tutela della salute. 2) Forse sarebbe necessario anche il consenso dell'assicurato benché non sia lui a dover pagare il premio assicurativo. 3) Si creano le condizioni per cui i lavoratori valgono più da morti che da vivi. Si aprì, in quegli anni, anche un altro mercato di polizze assicurative sulla vita: quello dei cosiddetti "viaticals". Si acquistavano polizze sulla vita di persone malate di AIDS o terminali per altre malattie. L'investitore traeva il proprio profitto dal fatto che il malato morisse il prima possibile. Il malato riceveva una somma di cui poteva disporre mentre era ancora in vita per vivere il meglio possibile il tempo che gli restava. Il problema morale non sta nel danno per il malato che vende la polizza, ma nell'effetto corrosivo che questo mercato esercita sull'atteggiamento dell'investitore. Storicamente, la stretta connessione tra l'assicurare la vita e lo scommettere su di essa ha portato molti a considerare l'assicurazione sulla vita come moralmente ripugnante. Oltre tutto, l'assicurazione ha fomentato omicidi e ha portato alla assegnazione di un prezzo alla vita umana. In molti Paesi europei l'assicurazione, mancando di una legittimità morale, non si sviluppò fino alla metà dell'800. Perché diventasse moralmente accettabile dovette essere ripulita dalla speculazione finanziaria. Essa fu ristretta solo a quanti avessero un interesse assicurabile nei confronti della persona oggetto della polizza. Al di là di questi limiti, infatti, mettere la morte sul mercato offendeva un sistema di valori che dava sostegno alla sacralità della vita e alla sua incommensurabilità. Dapprima commercializzata con discrezione a tutela delle vedove e dei figli piccoli, divenne poi uno strumento di risparmio e di investimento. Oggi i mercati della vita e della morte hanno superato i fini sociali e le norme morali che un tempo li vincolavano. Oggi Wall Street si prepara al mercato delle obbligazioni sulla morte. Si comprano polizze vita da persone che vogliono venderle o che acconsentono ad accenderle per poi rivenderle e poi si confezionano in pacchetti e si commercializzano ai fondi pensione...ecc
5 Diritti di denominazione
Non solo palle, mazze, maglie, autografi sono in vendita, ma anche il diritto di denominazione degli stadi. Le squadre degli sport professionistici non sono solo una fonte di identità civica. Sono diventate anche un business importante. Gli ultimi 2 decenni hanno visto la pubblicità commerciale spingersi al di là delle sue sedi tradizionali (quotidiani, riviste, radio, televisione) per colonizzare ogni angolo della vita. Le pubblicità sono sugli ascensori, per strada, in metropolitana, nei bar, nei bagni, presso i benzinai. Addirittura viene inserita artatamente nei libri e nei film. Può essere applicata sulle nostre auto, si possono trasformare i nostri corpi in cartelloni pubblicitari, si possono vendere le nostre fronti come spazi pubblicitari. La pubblicità è un inquinante delle nostre vite. C'è qualcosa di eccessivo nel mettere tutto in vendita. Andare in giro col tatuaggio di uno sponsor sulla fronte è umiliante, degrada la dignità umana. L'interruzione pubblicitaria dei programmi Tv guasta la narrazione e immiserisce lo spettacolo. Il marketing municipale in cui i servizi e le strutture della città diventano strumenti a disposizione di sponsor commerciali è, in qualche modo, degradante. La pubblicità ha invaso anche la scuola. La degrada in 2 modi diversi. Prima di tutto spesso il materiale messo a disposizione dallo sponsor è pieno di errori e distorsioni, secondariamente la pubblicità va contro la finalità della scuola. Infatti, stimola desideri e consumo. La scuola, invece, incoraggia gli studenti a riflettere in modo critico sui propri desideri per frenarli o elevarli. I mercati e il commercio cambiano il carattere dei beni che toccano. Dovremmo, perciò, riflettere sul significato e sul fine dei beni e sui valori che dovrebbero governarli. Questa riflessione non può prescindere dalle diverse concezioni possibili di vita buona, in competizione tra loro. Occorre anche pensare al tipo di società in cui vorremmo vivere. La mercificazione di qualsiasi cosa comporta che le persone più ricche abbiano una vita sempre più separata dalle persone con minori possibilità. La democrazia non richiede un'eguaglianza perfetta, ma richiede che i cittadini condividano una vita in comune. Le persone di diverse provenienze e con differenti posizioni socio economiche devono potersi incontrare nella vita di tutti i giorni. Solo così possiamo imparare a negoziare e a tollerare le nostre differenze e a preoccuparci del bene comune.