Phillips Asha. I no che aiutano a crescere. Feltrinelli, Milano 2009

Introduzione.

Dalla nascita ai 2 anni

Non è sempre facile interpretare i bisogni del bambino e stabilire delle relazioni armoniche senza cadere negli estremi del prevenire i desideri o del trascurarli. Un certo grado di disarmonia, se poi viene risolto, può contribuire allo sviluppo del bambino. Attraverso l'interpretazione del pianto, del linguaggio del corpo e attraverso le risposte che gli diamo, insegniamo a modulare le sue emozioni rendendole gestibili. Egli può apprendere come trattare il proprio disagio. L'idea di poter soddisfare ogni bisogno del bambino e potergli risparmiare ogni sofferenza finirebbe, in realtà, per produrre una persona infelice e mal adattata. Non lo preparerebbe a vivere in un mondo abitato dagli altri. Inizialmente il mondo sarebbe un regno magico di cui il bambino è il re, ma poi si trasformerebbe in un luogo molto solitario e irreale. A volte interpretiamo troppo presto i suoi bisogni prima che abbia avuto modo di assaporare la propria sensazione. Attribuiamo significato a un bisogno nella sua fase iniziale, con la conseguenza, magari, di privare il bambino di provare davvero e appieno quella sensazione. Vogliamo proteggere nostro figlio ma in realtà finiamo a volte per sottrargli la sua stessa esperienza. L'idea dell'intervallo tra il pianto del neonato e la risposta è essenziale per il suo sviluppo. L'amore e la comprensione sono sempre essenziali. Una risposta immediata può privare il bambino della possibilità di imparare a stare da solo, cosa da cui potrebbe trarre un grande piacere.Se, di fronte al pianto, la risposta è sistematicamente il cibo, si insegnerà al bambino che questa è l'unica risorsa consolatoria. La nostra risposta alla comunicazione del bambino lo aiuta a dare un  senso alla sua emozione.I genitori a volte devono imparare a stare col bambino anche quando è di cattivo umore, ad accettare i suoi lamenti e a offrirgli la loro simpatia. Imparare a superare i problemi è di enorme aiuto per acquisire capacità di recupero e fiducia negli altri. Quando la risposta abituale a un disagio è l'attività, spesso il bambino diventa sovraeccitato e la madre si esaurisce. Lo si rende incapace di ponderare, esplorare, riflettere, di imparare a giocare. Dobbiamo procedere per tentativi ed errori cercando di dare un senso al pianto del bambino e di offrirgli quello che possiamo come consolazione. Dire no nelle sue varie forme significa stabilire una distanza tra un desiderio e la sua soddisfazione. Certi aspetti dell'educazione del bambino, come per esempio la separazione, lo svezzamento, il problema di come affrontare il pianto portano in primo piano la questione dei limiti, del riconoscimento del principio di realtà e del diventare padroni di sé.


Da 2 a 5 anni

I bambini piccoli sono delle creature appassionate, vedono e percepiscono solo gli estremi; il mondo per loro è nero o bianco, senza sfumature che ne attenuino i contrasti. In questa età, in genere, sono attivi, impulsivi, curiosi, esigenti. Diventa particolarmente importante essere capaci di dire no, insegnare a diventare disciplinati. Per poter agire con fermezza bisogna essere convinti di essere nel giusto. In questa età i bimbi guardano ai genitori per dare un senso al mondo che li circonda. In precedenza, attraverso i genitori, hanno imparato a dare forma e significato alle loro sensazioni. Ora, invece, acquisiscono un'idea precisa di cosa è consentito o proibito, di cosa è sicuro oppure pericoloso, di cosa è temibile o no.La coerenza dei genitori è desiderabile. L'incoerenza crea tensione perché non si sa se le proprie speranze verranno soddisfatte o frustrate. I bambini preferiscono gli esiti prevedibili alle montagne russe dell'alternarsi tra speranza e delusione. La punizione, se proprio è necessaria, è solo finalizzata ad aiutare il bambino ad imparare. La crudeltà, infatti, insegna solo ad essere cattivi. Un bambino che vince con la prepotenza non trova mai niente soddisfacente perchè non è dato spontaneamente. Non ci sono doni, solo estorsione. Magari si sentirà potente, ma non apprezzato né amato. I limiti servono a tutelare l'incolumità del bambino, lo aiutano ad affrontare le difficoltà, le frustrazioni, a imparare che gli eventi hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. I limiti, spesso, provocano rabbia. Se i genitori si arrabbiano e riescono a superare la propria collera, anche il bambino imparerà a gestire in modo positivo le proprie emozioni. Bisogna fare esperienza delle emozioni estreme per imparare a controllarle. E' indispensabile riflettere su ciò che provano i bambini in preda ad emozioni estreme, parlarne ed aiutarli a tradurre in parole le loro emozioni in modo che imparino a frapporre un intervallo che distanzi l'emozione dall'azione. L'aggressività può essere considerata l'equivalente emotivo del tono muscolare. Sta a noi farne un uso costruttivo o distruttivo. Riflettendo prima di agire si impara a pensare alle conseguenze delle proprie azioni. La separazione, l'andare a letto, il pasto, l'attesa sono eventi che richiedono una disciplina. In genere, la coerenza, la costanza e la ripetizione funzionano meglio dell'imposizione. Diventare grandi comporta delle limitazioni alla propria libertà. E' importante che tutte le emozioni contrastanti possano essere espresse senza essere tradotte in azioni. Il rendersi conto di far parte di un triangolo e non più della coppia intima madre-figlio è un primo passo che prepara l'ingresso nel mondo esterno.