A chi è rivolto il libro?
Questo libro è rivolto a tutti quei dirigenti che, avvertendo il disagio della eccessiva semplificazione dei problemi e desiderando uscire dai confini della propria unità operativa e della propria specializzazione, vogliano contribuire a migliorare il sistema sanitario nel suo complesso. E' indirizzato, quindi, a medici, infermieri, biologi, farmacisti, sociologi, psicologi, economisti, giuristi, ingegneri...Sono considerati dirigenti, in questo contesto, tutti quelli che, rivestendo incarichi di responsabilità, non si limitino ad essere degli esecutori, ma si interroghino sui motivi e sugli scopi delle loro azioni e vogliano esprimere, nel sistema, un ruolo politico, oltre che tecnico e gestionale. In questo ruolo, dovrebbero tener conto delle interfacce con altri elementi del sistema, delle relazioni con altri settori della Pubblica Amministrazione e della società civile e aspirare a costruire una società migliore. Essi dovrebbero avvertire l’urgenza, la responsabilità e, nello stesso tempo, la difficoltà del loro apporto al cambiamento. Dovrebbero, perciò, essere aperti all’incontro e al dialogo con altri operatori e con nuovi o altri saperi. Infatti, i bisogni conoscitivi di chi dirige i servizi socio-sanitari attingono da diverse discipline: bio-mediche, epidemiologiche, economiche, manageriali, antropologiche, sociologiche, etiche, psicologiche, statistiche, informatiche...Essendo impossibile conoscerle tutte, è necessario trovare i modi per interagire positivamente con tante altre persone di diverse professioni e culture, almeno per tutti gli interventi che superino una soglia minima di complessità. Il libro vuole, soprattutto, proporre questi modi, per ridurre gli errori e aumentare le possibilità di miglioramento. Tante volte, infatti, ci rendiamo conto di aver sbagliato: nella scelta e analisi del problema da affrontare, nella definizione degli obiettivi da raggiungere, nelle soluzioni individuate, nell'attuazione dei cambiamenti. Eppure, oggi, almeno per quanto riguarda il compito di decidere, sembrerebbe più facile, rispetto al passato: appare, infatti, molto più diffusa la cultura della "medicina basata sull'evidenza", che dovrebbe assicurare l'adozione di soluzioni di efficacia clinica dimostrata. E' anche più diffusamente riconosciuta l'importanza delle valutazioni economiche, per scegliere appropriatamente tra interventi alternativi, tenendo nella dovuta considerazione, oltre che l'efficacia clinica, importanti variabili di tipo economico. Pure l'analisi delle decisioni sembra essere entrata nella cultura dei dirigenti: anzi, si dice che essa costituisca il prerequisito per l'applicazione dei principi tipici sia della medicina basata sull'evidenza che delle valutazioni economiche( 1 ). Per completezza, si deve aggiungere che la medicina basata sull'evidenza e le analisi economiche prendono in considerazione solo aspetti parziali delle funzioni di utilità che interessano veramente ai malati e ai cittadini ( 2, 3, 4 ) e che le modalità di decisione delle persone e dei gruppi non sono facilmente assimilabili ai contenuti della teoria dell'utilità attesa, alla base dell'analisi delle decisioni ( 5). Ma è innegabile che si abbia, comunque, tutta una serie di strumenti, sempre più perfezionati e conosciuti, per supportare le nostre decisioni. Come ci si può spiegare, allora, che i progressi nel sistema e nei servizi socio-sanitari appaiano, tante volte, deludenti, o non così rapidi come si vorrebbe? Come può accadere di confrontarsi con una variabilità così disorientante nella qualità dei servizi (6, 7)? Una spiegazione può, senz'altro, derivare dal fatto che gli strumenti disponibili per supportare le nostre decisioni non sono sempre adatti e che, comunque, bisogna applicarli correttamente. La loro conoscenza e adeguata applicazione non dovrebbero, poi, trovare d'accordo solo pochi individui, ma gruppi di persone, talvolta molto numerosi. Infatti, tra quello che si decide e quello che si riesce a realizzare, esiste una grande differenza: le decisioni assunte nell'ambito della pianificazione strategica e della programmazione annuale andrebbero declinate in migliaia di ulteriori decisioni, coerenti con le prime, da parte delle centinaia di professionisti che interagiscono, quotidianamente, con i cittadini nei cosiddetti "momenti della verità", quando li incontrano ( 8). C'è, poi, un'ultima spiegazione che chiarisce ulteriormente le prime due, mettendo in evidenza sia la difficoltà dell'applicazione di metodi e strumenti di supporto decisionale, sia le ragioni del divario tra quanto si decide e quanto si attua. La spiegazione sta nel fatto che si ha a che fare con ambienti ad elevata complessità: basti pensare, ad esempio, alla molteplicità degli attori in gioco, delle loro possibili relazioni, alla gamma delle prestazioni erogate nei servizi socio-sanitari o all'alta concentrazione di professionisti, dotati di un notevole individualismo, oltre che di un elevato grado di autonomia professionale. In questa complessità, spesso, ci si disperde e si adottano decisioni, sul cosa fare e sulla successiva implementazione degli interventi, in modo incoerente e non sistematico: come se un intervento potesse essere puntiforme, isolato dal contesto in cui si inserisce e come se fosse facile introdurre, in un'organizzazione assolutamente specifica, caratterizzata da persone ben individuate e da date culture, qualsiasi intervento, pur dotato di " dimostrata efficacia". Talvolta, accade, addirittura, che gli effetti di due o più interventi si elidano vicendevolmente. Ogni intervento, invece, dovrebbe essere visto come un tassello di un mosaico e contribuire a perfezionare, sempre più nitidamente, uno scenario desiderato . Questa visione sottende, forse, un'eccessiva fiducia nelle capacità e nella volontà dei dirigenti; tuttavia, è funzionale a promuovere la piena consapevolezza della delicatezza e difficoltà del loro ruolo.
Un quadro teorico di riferimento per cooperare ed interagire con la complessità. E’ un assunto fondamentale di questo libro che lo strumento più potente per affrontare la complessità sia dato dalla cooperazione dei diversi attori che interagiscono, in modo attuale e potenziale, all’interno del sistema sanitario. La necessità della cooperazione discende logicamente dal principio dell'interdipendenza, costitutiva dei sistemi. La cooperazione è, però, un traguardo da raggiungere, attraverso la co-costruzione di scenari futuri condivisi, disegnati in risposta a problemi e finalità comuni . Il libro tratta di valori, principi, di strategie, metodi, strumenti, di uso della tecnologia, di processi che conducono alla cooperazione e tendono a realizzare, per questo tramite, i cambiamenti migliorativi. Non viene proposta l'applicazione di soluzioni predefinite per i vari problemi, ma si vuole estendere, nei vari attori, la gamma delle possibilità di cooperazione, migliorando le loro capacità di dialogo e di giudizio. Non si disquisisce, tanto, sulle cose da fare, legate, in modo assolutamente specifico, alle circostanze particolari, ma sul perchè farle, per quali scopi, oltre che su un certo modo di farle, coinvolgente e riflessivo. Essendo i cambiamenti migliorativi, per il tramite della cooperazione, lo scopo fondamentale del lavoro dei dirigenti, il libro vuole anche proporsi come un tentativo di sistematizzare una teoria per la direzione dei servizi socio-sanitari . E’ un tentativo ancora iniziale, che rischia la provvisorietà, motivato dall’urgenza del miglioramento e finalizzato a sollecitare altri eventuali contributi per arrivare a qualcosa di più maturo, in grado di incidere positivamente sul lavoro di tutti. La convinzione è, infatti, che una teorizzazione di questo tipo interessi e possa rendere più fruibili le potenzialità connesse con i vari saperi, con l’evoluzione tecnologica e serva a ottenere, quindi, dei progressi più celeri. L'interesse di una teoria, infatti, consiste, soprattutto, nella sua utilità e applicabilità alle situazioni concrete ( 9). Ma di quale teoria si tratta ? La teoria di cui parlo vorrebbe raccogliere, categorizzare e presentare, in modo sistematico, i dati, le informazioni e la conoscenza utile a dirigere appropriatamente i servizi socio-sanitari. Più che di una teoria, relativa, di solito, a un campo disciplinare omogeneo, si tratta dell'ibridazione di pezzi di conoscenza provenienti da varie discipline, legate insieme da uno scopo primario: quello di aiutare i dirigenti a promuovere cambiamenti migliorativi, fondando le loro decisioni e azioni su 4 diverse basi, che slittano sul terreno perennemente mobile delle dinamiche ambientali ( Figura 1.1) : - sull’analisi dei problemi di interesse ( la teoria ci sollecita a rappresentare la complessità dei problemi e ad interpretarla con il contributo e l’arricchimento delle prospettive dei diversi attori in gioco); - sulla definizione degli obiettivi da raggiungere ( essa ci stimola a ragionare sulla nostra missione, sugli scopi, sugli obiettivi che ci diamo, oltre che sui valori presenti nella società e sulle ragioni dell’esistenza dei nostri servizi) ; - sulla disamina dell’evidenza scientifica disponibile e di quanto è già stato realizzato con successo ( ci raccomanda di passare in rassegna gli interventi possibili, secondo le loro caratteristiche di efficacia, di appropriatezza e di fattibilità, nei nostri contesti e nel quadro delle nostre priorità); - sui cambiamenti che progressivamente intervengono, in seguito al risultato delle diverse azioni, nostre e di altri. Tutti gli elementi di questa tetralogia sono in una relazione ricorsiva tra loro, perchè ognuno è in grado di influenzare l'altro e, nello stesso tempo, dall'altro dipende, in qualche modo. Su queste basi, così scivolose e ogni volta connotate in maniera assolutamente specifica, tramite i contributi dei differenti attori, si promuove la cooperazione delle persone, affinchè ciascuna attinga dal proprio patrimonio di esperienza, abilità e conoscenza e lo metta in comune con altri, in una forma che consenta il reciproco scambio e arricchimento. Ma quale importanza pratica può avere una teoria di tal genere, se l'applicabilità, i risultati dell'applicazione e, quindi, la sua utilità sono così contingenti, legati all'identità particolare di diversi attori e alle specifiche circostanze spaziali e temporali in cui sono calati? Al di là di uno zoccolo più stabile, fatto di alcuni principi, metodi, strumenti, che possono rappresentare un fondamento comune, ma, a loro volta, nella misura in cui sono accettati e condivisi dagli interessati, qual è il nucleo più essenziale di una tale teoria? Forse la sua essenza consiste nel riconoscimento che dirigere i servizi significa, soprattutto, non volersi imporre, ma essere credibili; sostenere, sì, le proprie idee, ma anche tener conto di quelle degli altri; analizzare, sì, in modo sufficientemente approfondito, ma senza perdersi in eccessivi dettagli; arrivare, sì, a una sintesi, ma senza banalizzare, in vista, comunque e sempre, del bene complessivo, sia delle persone, cui sono rivolti i servizi, che degli operatori e dell'intero sistema. Una direzione così concepita sembrerebbe fragile, a prima vista, ma rappresenta, invece, l'unica possibilità di dirigere davvero e imprimere al sistema dei cambiamenti migliorativi. A un primo sguardo, rischia di essere confusa con degli approcci "incrementali", sottoposti alle spinte dei vari gruppi di pressione, dove la gamma delle opzioni percorribili è limitata a quanto differisce solo parzialmente rispetto a quelle adottate precedentemente (10) Sembrerebbe, quasi, il trionfo della mediazione, intesa più come rinuncia ai propri valori, in cambio di qualcosa che possa essere mercificato, piuttosto che come riconoscimento di altri valori e della non assolutezza dei propri. In realtà, invece, un'attività di direzione così concepita consiste in un lavoro sapiente, che parte dalla comprensione delle paure e dei desideri di ognuno degli attori in gioco, per arrivare a far intravedere ciò che è desiderabile e fattibile, sulla base di valori condivisibili, a vantaggio di tutti. Si tratta, anche, di fronte a un problema, di saper capire a chi sia doveroso dar voce, indipendentemente dalla sua forza, solo in virtù del rispetto della dignità della persona umana, affinchè le nostre certezze possano essere scosse da un nuovo ascolto e la nostra prospettiva si allarghi. Si tratta di far emergere, dal rumore di fondo di tantissime segnalazioni, le questioni più vere, concependo i problemi come un divario tra la realtà che ogni attore può osservare e quella che può desiderare: diventa, così, possibile utilizzare la differenza di potenziale che si crea, nel confronto tra osservato e atteso, per generare l'energia umana indispensabile ad affrontare e gestire le problematiche più importanti. La fragilità di questa impalcatura, in una situazione di multidipendenza, la difficoltà dell'applicazione di questi concetti, più che inficiare la loro utilità, richiamano tutti a una maggiore consapevolezza della delicatezza del ruolo dei dirigenti, che interagiscono come membri di commissioni, gruppi di lavoro, unità operative, servizi, dipartimenti, aziende sanitarie. Nello stesso tempo, evidenziano la necessità di un atteggiamento di apertura nei confronti degli altri, capace di recepire ed integrare ciò che viene visto, ascoltato e appreso.
Qual è la specificità dell'apporto di questa cornice teorica di riferimento? Potremmo, ora, chiederci quale sia la specificità dell’apporto di questa cornice teorica di riferimento e in che cosa differisca, ad esempio, rispetto all'enorme mole di contributi pubblicati sul management in sanità e sul miglioramento continuo della qualità, che hanno scopi di cambiamento, in gran parte, sovrapponibili a quanto viene qui proposto. Ci sono alcuni elementi particolari che vorrebbero caratterizzare questo apporto: 1) gli studi classici di miglioramento della qualità partono dall’identificazione di fattori considerati, a priori, favorevoli o sfavorevoli, relativamente ai problemi in esame, e ne valutano le condizioni nella realtà indagata. Questa prima fase è seguita, in genere, dall'individuazione degli interventi che si sono dimostrati efficaci nel promuovere i fattori favorevoli alla qualità e nel rimuovere i fattori sfavorevoli. Dopo di che, viene deciso quale intervento sia utile e possibile realizzare. Negli approcci di miglioramento della qualità traspare un'eccessiva fiducia nell'esistenza di una sequenzialità lineare tra cause ed effetti e, in genere, nel valore della razionalità scientifica o della tecnologia e nel fatto che il personale risponda alla logica della buona "evidenza" ( 11). Nell'ambito della cornice teorica che propongo, c'è, invece, un riconoscimento più esplicito del fatto che la complessità e particolarità dei problemi possa condurci a ricavare, dalla letteratura scientifica, solo delle esperienze interessanti, delle analogie promettenti, non tanto degli interventi da riprodurre. L'esperienza di altri non può garantirci nè sull'esito, nè sulla portata e correttezza dei nostri sforzi , ma ci offre, solo, spunti importanti per combinare tra di loro, in modo assolutamente originale e specifico, interventi di tipologia diversa, il cui insieme viene progettato, riprogettato e realizzato nel nostro contesto particolare. 2) In una teoria della direzione dei servizi deve esserci anche una marcata attenzione sugli aspetti sistemici, sull’armonia delle diverse iniziative, sulla coerenza, sulle priorità, sulle sinergie, sulla cooperazione. Gli interventi rivolti a un settore vanno decisi e realizzati tenendo conto delle caratteristiche dell'insieme cui quel settore appartiene. L'eccellenza è intesa come l'equilibrio ottimale tra le diverse caratteristiche del sistema, che possano essere identificate separatamente e indipendentemente misurate, talvolta in competizione tra loro (12 ) : ad esempio, l'efficienza spesso confligge con l'accessibilità, l'efficacia con l'accettabilità, l'equità con l'autonomia, la giustizia con la carità. I problemi vanno, perciò, studiati secondo una prospettiva sistemica. Le finalità generali, gli obbiettivi più specifici e i target da misurare vengono definiti associandoli alla cultura e ai valori presenti nella società; gli interventi vengono inseriti coerentemente nella pianificazione strategica e nella programmazione, vale a dire, nel flusso delle idee, delle comunicazioni, delle iniziative che attraversano l’organizzazione, perchè sia conferito maggior senso alle azioni di tutti, per una condivisione di intenti e una cooperazione più generosa. E' vero che, ad esempio, la qualità totale, nella quale oggi è confluita la verifica e revisione della qualità, sottolinea proprio l'importanza di tutto l'insieme degli elementi costitutivi della qualità, ma gli aspetti sistemici, in ambito sanitario, hanno caratteristiche assolutamente particolari, dovute alla turbolenza, ossia alla rapidità dei cambiamenti di direzione e di verso . La turbolenza è una proprietà intrinseca alla complessità del sistema sanitario, avendo a che fare con la causalità ricorsiva, dal momento che in sanità ci troviamo, quasi sempre, di fronte a sequenze non lineari. Di essa, soprattutto, una teoria della direzione dei servizi dovrebbe tener conto. I percorsi non devono mai essere considerati decisi una volta per tutte o conclusi definitivamente, esposti, come sono, alla turbolenza delle dinamiche evolutive. E' il senso di questi percorsi, più che la loro direzione, che deve essere mantenuto, comunicandone, condividendone i significati e bilanciando i valori in campo, in un equilibrio incessantemente dinamico. 3) La teoria della direzione dei servizi vuole essere una costruzione progressiva, di cui si tratteggiano, in questo libro, solo i tratti preliminari, perchè dovrebbe crescere attraverso la conoscenza che si acquisisce, man mano si affrontano e gestiscono i problemi: un edificio realizzato con diversi stili, tanti quante sono le discipline da cui si attinge per costruirlo, che dovrebbero armonizzarsi sullo sfondo dei problemi affrontati, trovando linguaggi e significati condivisi. Più che di una teoria, in realtà, si tratta di un insieme di modelli e teorie in cerca di un loro equilibrio, all'interno di una trama di connessione di diversi saperi, nessuno dei quali è esclusivo o preminente. I punti di aggancio di questa trama di modelli e di teorie sono costituiti dagli elementi di una tetralogia ricorsiva che dal problema in esame rimanda continuamente agli obbiettivi da raggiungere, agli interventi possibili e ai cambiamenti ottenuti. In questo insieme più vasto di discipline, l'epidemiologia clinica e l'economia sanitaria perdono il loro ruolo di preminenza. Tutto ciò che accade nel sistema sanitario è visto , in ultima analisi, come interconnesso. Quello che ci permette di progredire potrebbe essere proprio la consapevolezza comune della semplificazione delle nostre rappresentazioni della realtà, per essere eventualmente pronti, nel caso in cui l'approssimazione non ci soddisfi, ad approfondire l'analisi e a ripartire da capo. 4) Più in generale, il mio tentativo di sistematizzazione vuole rappresentare l'antidoto al rischio di essere diretti dalle mode, per cui l'attenzione viene monopolizzata, di volta in volta, da necessità diverse: ora dalla prevenzione, ora dal mercato e dalla competizione, ora dalle ISO 9000, ora dai problemi della sicurezza, ora dai carichi di lavoro, ora dalle carte dei servizi, perdendo di vista, ogni volta, il fatto che ciascuna di queste esigenze racchiude delle porzioni più o meno piccole di verità, che devono armonizzarsi tra loro e con molte altre esigenze e che l'eccellenza è costituita, in ultima analisi, dall'equilibrio ottimale di tante e differenti caratteristiche, spesso in posizione conflittuale tra loro.
Quale ricerca per arricchire una cornice di riferimento utile a dirigere i servizi sanitari? La complessità del sistema sanitario spiega la difficoltà dei cambiamenti migliorativi, ma, se spiegasse solo questo, potrebbe quasi giustificare la rassegnazione e la passività. Ci sono, invece, implicazioni importanti che derivano dalla complessità, per cui dobbiamo darci da fare. Una consiste nel fatto che la conoscenza utile per dirigere proviene da una molteplicità di saperi disciplinari e che, spesso, questi saperi specialistici fanno capo anche a diverse culture e razionalità. Per attingere i contributi dai vari saperi disciplinari e renderli più fruibili occorre, quindi, promuovere, come dirò più avanti, una nuova modalità di comunicazione: quella interculturale, che deve diventare il modo usuale della comunicazione e far sviluppare nuovi criteri per l'eloquenza. Una seconda implicazione deriva dal principio della causalità ricorsiva, che sostituisce, nell'ambito biologico e delle scienze umane, la sequenza gerarchica e lineare delle cause. Nella causalità ricorsiva non si può predire, dall'inizio, con precisione, che cosa succederà, sulla base delle nostre azioni: ogni azione può essere considerata causa e conseguenza di azioni molteplici e imprevedibili, ad essa in qualche modo correlate. I progetti, intesi come insieme di azioni predefinite e coordinate, devono diventare strategie, poichè le azioni cambiano in relazione a tutto ciò che avviene ed è fatto, che modifica continuamente il problema originario e gli obbiettivi da raggiungere. Quindi, sulla base della causalità ricorsiva, la pratica della direzione dei servizi non può che trasformarsi in un'attività di ricerca che rifletta su quanto accade, apprenda e adatti le strategie di intervento ai nuovi eventi. Ma questo è un tipo di ricerca poco praticata, che deve consolidare la conoscenza già esistente e acquisirne di nuova. Infatti, le nuove acquisizioni, provenienti dalle ricerche relative alle diverse discipline, soffrono dell'assenza di convivialità, intrinseca ai diversi saperi in cui sono collocate, che spaziano in domini così vari, dalla biochimica alla politica, si specializzano su oggetti distinti, si conformano a paradigmi diversi e parlano differenti linguaggi. In considerazione di queste difficoltà, il nuovo sapere, più che provenire dai singoli ambiti disciplinari, dovrebbe derivare da una ricerca trasversale che abbia, come oggetto d'interesse unificante, i problemi del sistema sanitario ed impegni sinergicamente i diversi professionisti e le diverse culture. Oltre ai metodi quantitativi sono cruciali i metodi qualitativi della ricerca sociale, per arrivare a capire meglio come funzionino i sistemi sanitari e perchè gli individui, i gruppi e le comunità si comportino in certi modi. Il nuovo sapere potrebbe, così, diventare più conviviale e amplificare le possibilità di comprensione e di dialogo, senza essere ingessato dalle specifiche discipline e, spesso, dalla sudditanza alle diverse corporazioni specialistiche e professionali che l'hanno prodotto. Questo tipo di ricerca trasversale dovrebbe essere, appunto, la ricerca sui sistemi sanitari, intesa come lo "studio dei problemi dell'assistenza sanitaria, considerati nel contesto socio-culturale, politico e fisico in cui sorgono e devono essere affrontati ( 13 )" , al fine di produrre dei cambiamenti migliorativi. Se non che, la ricerca sui sistemi sanitari risulta essere, ancora, un oggetto misterioso, nella realtà dei nostri sistemi. La si pensa relegata, per lo più, nel limbo degli istituti internazionali e, invece, dovrebbe sovrapporsi, in larga parte, fino a coincidere, con la pratica quotidiana dell'attività di direzione dei servizi. Non deve solo includere attività più formali, quali quelle menzionate da Taylor (14 ): l'analisi funzionale ( dei bisogni, delle risorse, dell'organizzazione e della gestione), gli studi e l'applicazione della ricerca operativa, i progetti sul campo ( per testare nuovi principi o procedure in condizioni naturali), i progetti pilota ( per applicare risultati emersi da altre ricerche e adattarli a condizioni locali, con attenzione ai problemi di trasferibilità), i progetti dimostrativi ( per applicare, in un contesto limitato, risultati di studi condotti da altri , con il proposito di convincere dell'utilità dell'iniziativa, quando i problemi legati alla trasferibilità siano meno importanti), le attività di verifica e revisione della qualità. Essa deve, anche, includere qualsiasi attività direzionale che si proponga delle finalità trasformative. Perciò, la ricerca sui sistemi sanitari abbraccia, a tutti gli effetti, la ricerca intervento di chi dirige i servizi sanitari. La pratica dell'attività di direzione dei servizi, quindi, per essere all'altezza del suo ruolo e adattarsi ai rapidi cambiamenti demografici, tecnologici, socio-politici e culturali, deve evolvere sempre di più verso un'attività di ricerca intervento. I cambiamenti migliorativi, alla fine, non saranno soltanto il risultato di una ricerca ben riuscita, ma testimonieranno, contemporaneamente, la crescita, umana e professionale, di chi dirige e riflette, apprendendo, sull'operato proprio e degli altri.
Che cosa dovrebbe includere una teoria per la direzione dei servizi socio-sanitari? In questo libro si vogliono tratteggiare alcuni punti essenziali di questa teoria, confidando in un progressivo arricchimento, da parte di molti altri. Elenco, qui di seguito, i singoli punti, con brevi commenti, cogliendo, così, l'occasione per illustrare la sequenza dei contenuti e permettere al lettore di localizzare i temi di suo maggiore interesse. 1) E' importante, prima di tutto, definire la variabile dipendente di interesse primario, per questa teoria. Ad esempio, per l' epidemiologia, classicamente, è la malattia, anche se i suoi concetti e i suoi approcci sono estensibili ad altri eventi, comunque di interesse per la salute. Per la sociologia, la variabile dipendente primaria è rappresentata dalle relazioni sociali; per la scienza politica, dalle interazioni politiche...Per la ricerca sui sistemi sanitari, la variabile dipendente primaria è costituita dai sistemi sanitari ( includendo, in questi, i servizi sanitari, le politiche, gli utilizzatori) inseriti nei loro ambienti socio-culturali, politici e fisici. Per la direzione dei servizi socio-sanitari, la variabile dipendente di interesse primario dovrebbe essere definita dai cambiamenti migliorativi che la dirigenza è in grado di influenzare. A rendere le cose più complicate, il cambiamento non risulta, solo, essere la principale variabile di risposta, ma è, a motivo della causalità ricorsiva, anche un'importante variabile esplicativa. Il tema del cambiamento è affrontato diffusamente in tutto il libro, ma, più specificamente, per la tipologia dei cambiamenti e per le diverse strategie che ne dovrebbero permettere la realizzazione, tenendo conto anche della cultura, delle idee dominanti e dei valori, si rimanda al capitolo 8. 2 ) L'urgenza di questo scritto nasce dalla consapevolezza della complessità. E' questa che rimanda all'interdipendenza, alla necessità di cooperare e di interrogarsi sugli scopi comuni da perseguire. La definizione e descrizione degli elementi costitutivi della complessità e delle loro peculiarità nel sistema sanitario sono trattate nel capitolo 2. 3) Tra tutto quello che i dirigenti possono e devono realizzare c'è qualcosa che merita, forse, una priorità. Si tratta di impegnarsi su alcuni prerequisiti che rendano, poi, possibile interagire appropriatamente con problematiche così difficili. Ad esempio, risultano di importanza fondamentale: un'adeguata copertura dei ruoli critici da parte di persone credibili, che meritino di essere seguite; un'adatta organizzazione; l'attenzione agli aspetti culturali e di metodo; un uso appropriato della tecnologia dell'informazione. Per questi temi si rimanda al capitolo 3. 4) Per aiutarci ad agire e decidere meglio, serve una riflessione su quali siano le modalità usuali di decisione nella pratica ( ne parlo nel capitolo 4). A partenza da questi modi effettivi, così poco conformi alle nostre teorie, ad esempio a quella dell'utilità attesa, viene proposto un modello delle tappe e dei percorsi logici per decidere ed agire, associandolo alla riflessione sulle corrette procedure di coinvolgimento di tutte le agenzie e degli attori implicati. Il modello delle tappe e dei percorsi logici fa riferimento, in un ciclo ricorsivo, alla necessità di definire i problemi ( nel capitolo 5) , di definire gli obbiettivi ( nel capitolo 6) e gli interventi da realizzare ( nel capitolo 7). 5) Ma qualsiasi decisione ed azione deve essere consapevole. I frutti dell'esperienza e della ricerca vanno messi a disposizione di chi decide e lavora. Occorre trovare i modi per gestire appropriatamente la conoscenza, evitando il più possibile il disturbo di un fragoroso rumore di fondo: il cosiddetto "overload informativo e conoscitivo". Occorre, anche, organizzare, presentare e rendere facilmente disponibili le differenti categorie di saperi teorici- metodologici e fattuali a supporto delle percezioni, delle interpretazioni, delle decisioni e delle strategie da adottare. Per questi argomenti si rimanda al capitolo 9. 6) La comunicazione assume un ruolo cruciale a sostegno di ogni azione e decisione, per via dell'ambiguità delle parole, del rischio della frammentarietà e della reciproca elisione di interventi in competizione tra loro. Ci sono, più in particolare, delle tipologie di comunicazione e di metafore che dovrebbero accompagnare la direzione dei servizi socio-sanitari: la comunicazione interculturale e la metafora ecologica. La metafora della guerra e del mercato sono, viceversa, disfunzionali. Di questi temi parlo nel capitolo 10. 7) L'attività di direzione dei servizi, calandosi in contesti dinamici e proponendosi come scopo il cambiamento migliorativo, deve trasformarsi in ricerca-azione, per cui diventi possibile apprendere dall'esperienza e crescere come membri cooperanti di un gruppo dirigente. In un senso coerente con questa progressiva trasformazione mi sembra debbano anche evolvere la sanità pubblica e l'epidemiologia. Per questi temi rimando al capitolo 11. 8) La cornice teorica di riferimento qui tratteggiata va inserita coerentemente in una nuova visione del mondo e in una nuova scienza, meno frammentaria rispetto a quella tradizionale. Arte, religione e scienza dovrebbero contribuire insieme all'acquisizione di nuova conoscenza e al nostro progresso personale, lungo un difficile percorso di umanizzazione. Queste sono le riflessioni conclusive presentate nel capitolo 12. A questo punto, anche se le motivazioni del tentativo di costruire una cornice teorica di riferimento per la direzione dei servizi socio-sanitari sono già state intraviste, voglio elencarle, qui di seguito, più analiticamente, sperando che servano a trovare altre alleanze e, quindi, a progredire più celermente.
Quali sono le motivazioni di questa teoria? Alcune ragioni hanno un carattere più universale, altre rispondono meglio alla situazione specifica del nostro Paese
Motivazioni più generali . 1) Le riflessioni su un nuovo modello di sviluppo, in anni di persistenti e gravi disuguaglianze, devono riguardare prioritariamente i servizi socio-sanitari e i modi in cui sono diretti. Non solo perchè assorbono circa il 10% del prodotto interno lordo, sommati i finanziamenti pubblici e privati, ma anche perché, a seconda di come funzionino, possono aumentare o diminuire la qualità della vita e la produttività di tutti gli altri settori dell'economia. Essi, ancora, per rispondere ai loro scopi istituzionali, devono essere in grado di soddisfare i nuovi bisogni connessi con i grandi mutamenti demografici e devono compendiare le esigenze di solidarietà sociale con quelle di efficacia ed efficienza di funzionamento. 2) Nell’erogazione dell’assistenza sanitaria e, a maggior ragione, per le persone con più responsabilità, che devono pianificarla, organizzarla, dirigerla e valutarla, l’azione non può mai essere disgiunta dalla teoria. Il potere delle idee, come si usa dire, deve influenzare le idee del potere. L’azione, infatti, per essere incisiva, deve trovare fondamento in solide basi teoriche, interiorizzate da tutti gli operatori e, in particolare, da quelli che hanno maggiori responsabilità. 3) Esiste una grande variabilità nella qualità dei sistemi sanitari: ciò significa che esistono anche vasti spazi suscettibili di cambiamento e miglioramento, sia per quanto riguarda le decisioni adottabili, ai livelli tecnici, manageriali e politici, che per le successive e concrete realizzazioni. 4) I cambiamenti migliorativi non solo vanno promossi, ma, data la loro urgenza, devono essere realizzati con la dovuta tempestività. Tutto questo risulta particolarmente difficile in sanità, per diversi motivi, tra cui: · la complessità del sistema; · il vincolo quasi ubiquitario del contenimento dei costi, pur in presenza di un incremento nei bisogni, nella domanda e nelle risposte potenziali offerte dai progressi tecnologici; · una grande turbolenza ( di carattere istituzionale, nelle aspettative della popolazione, oltre che per i continui progressi nelle acquisizioni scientifiche, a causa delle quali, spesso, le verità di ieri diventano le bugie di oggi); · le frequenti resistenze dei professionisti che oppongono, a cambiamenti eventualmente indesiderati, la loro autonomia professionale: una delle prerogative di cui sono più gelosi. 5) Le persone con grandi responsabilità, protagoniste nei cosiddetti "momenti della verità", sono molto più numerose e spazialmente distribuite in sanità che in altri settori. Esse possono condizionare i risultati di qualsiasi decisione e programma precedentemente adottati, mediante un rifiuto o un’adesione più o meno convinti. Diventa, perciò, essenziale tenere conto dei loro punti di vista e coinvolgerle nei molteplici processi decisionali.
Motivazioni più specifiche, per la situazione del nostro Paese. 1) L’aziendalizzazione della sanità ha comportato l'ingresso della direzione strategica e del suo staff nel panorama italiano delle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali. A distanza, ormai, di diversi anni da queste novità istituzionali, non mi sembra più procrastinabile una riflessione approfondita sui criteri che meglio definiscano l'appropriatezza dell'esercizio del ruolo della direzione strategica, per poterne valutare e validare l'impegno. Ciò si impone, tra l’altro, per via di una sostanziale arbitrarietà dei giudizi. Quando si valuta l'operato della direzione strategica sembra, infatti, che si possa dire di tutto, a seconda dei punti di vista, anche a causa di: · un’apparente scarsità di elementi di giudizio ( che cosa è importante, tra la miriade di fattori che potrebbero esserlo, oltre al pareggio di bilancio o all'acqiescenza nei confronti delle autorità sovra-ordinate?) · una percezione difficoltosa del funzionamento della dirigenza, in assenza di segnali forti e immediati, tipo il collasso o il successo, estranei alle vicende di un qualsiasi sistema umano complesso, che tende ad auto-organizzarsi ( 15). 2) Il rendere più riconoscibili le capacità e le competenze appropriate per l’attività direzionale aiuta a scegliere dirigenti all’altezza dei loro compiti , superando l’attuale contraddizione, per cui, di fronte a ruoli così cruciali, esistono meccanismi disfunzionali di reclutamento, selezione, pagamento e incentivazione. Ma, alla fine, forse, la motivazione più importante consiste nel fatto che c'è un'esigenza impellente di conferire maggior senso e dignità al lavoro di tutti quelli che esercitano la loro professione all’interno del servizio sanitario nazionale e che, in questa loro attività, sono condizionati dalla capacità e dall’attività dei dirigenti con maggiori responsabilità. La complessità delle aziende sanitarie riflette la complessificazione della nostra società e richiede una crescita nelle qualità umane e, soprattutto, nella volontà di cooperare, per evitare una progressiva decadenza e insensibilità: è questa crescita che i dirigenti devono, appunto, promuovere, contando sulla loro esperienza, abilità, conoscenza e creando le condizioni culturali, organizzative e tecnologiche che la facilitino. Bibliografia
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