Raworth Kate. L'economia Della Ciambella. Edizioni Ambiente, Milano 2017.


Raworth Kate. L'economia Della Ciambella. Edizioni Ambiente, Milano 2017.


prefazione

In un mondo in cui pochissimi possiedono tantissimo e tantissimi possiedono pochissimo è prioritario interrogarsi su come raggiungere più elevati gradi di equità e un benessere più diffuso. E non è più possibile continuare a concepire la terra come fonte inesauribile di risorse e immensa discarica in cui riversare ogni rifiuto.

Ma davvero riusciremo a preoccuparci seriamente per i problemi della sostenibilità con popolazioni e produzioni in crescita e, per di più, afflitti come siamo da un progressivo degrado sociale? Chi possiede l'autorevolezza e la credibilità necessaria per un cambiamento di questa portata? 

In questi ultimi anni è nata la scienza della sostenibilità, una integrazione di diverse discipline, dalla fisica alla chimica, biologia, ecologia, scienze sociali, ecologia economica, ecologia industriale. Si cerca di stabilire la dimensione di uno spazio operativo sicuro (s.o.s.). I precursori sono gli scienziati del club di Roma, presieduto da Peccei nel 1972. L'economia neoclassica inquadra il degrado ambientale come un'esternalità, fuori dall'ambito di interesse dell'economia monetizzata. La scienza della sostenibilità, invece, stabilisce dei vincoli quantitativi entro cui l'economia globale dovrebbe operare (sos) per non oltrepassare punti di non ritorno del nostro pianeta.

Oggi, l'agenda 2030 e i 17 obbiettivi dello sviluppo sostenibile approvati dalle Nazioni Unite nel 2015 tengono conto di queste nuove concezioni. La contabilità economica è parte della contabilità ecologica. Il diritto internazionale accusa delle falle teoriche nei confronti della tutela dei beni comuni e della loro dimensione intergenerazionale. Dovrebbero essere affidati più poteri a organismi sovranazionali, rappresentativi degli interessi di tutta l'umanità a scapito dei poteri degli Stati-nazione. Così, queste tutele non verrebbero considerate come attentati alle sovranità nazionali perché vanno a vantaggio di tutti gli Stati e rispettano gli interessi di tutta l'umanità.


Chi vuole essere un economista?

Non si possono risolvere i problemi attingendo alla stessa cultura che li ha generati. Né si possono ripetere le stesse azioni sperando di ottenere dei risultati diversi (Einstein). Il modello economico è obsoleto, ma non si può cambiarlo prima di averne costruito uno nuovo che possa sostituirlo. L'economia è la lingua delle politiche pubbliche, la cornice mentale che modella la società. Convinzioni, valori e assunti economici modellano il modo in cui pensiamo, sentiamo e agiamo. Bisognerebbe ripensare l'economia partendo dai problemi più gravi e dagli obbiettivi a lungo termine più importanti dell'umanità, chiedendoci quale tipo di pensiero economico può offrirci le migliori possibilità di gestirli. Il pensiero economico nuovo, quello che dovrebbe accompagnare lo sviluppo sostenibile, può essere rappresentato, graficamente, nella immagine di una ciambella. Lo spazio vuoto interno delimita l'ambito che si trova sotto una soglia di benessere in cui nessuno dovrebbe sprofondare. E' l'ambito della povertà, fame, analfabetismo. Lo spazio vuoto esterno alla ciambella indica un tetto al di sopra del quale la pressione sui sistemi ecologici diventa insostenibile. Non dobbiamo forzare i sistemi di sostentamento alla vita. La ciambella vera e propria è lo spazio operativo sicuro e giusto che concilia il rispetto dei diritti umani con la tutela dell'ambiente. Vedi mio schema POI. Prima della definizione del POI esiste una fase pre-analitica che ha a che fare con la nostra visione del mondo, il nostro sistema emozionale e rende ragione del perché ci interessiamo proprio di quel problema lì e lo guardiamo con una particolare prospettiva che è specificamente nostra. NB Le disuguaglianze hanno una natura autorinforzante.

Sono 7 i principi che caratterizzano la nuova economia del XXI secolo:

1) cambiare l'obbiettivo (non è più il Pil, ma i diritti umani e l'ambiente);

2) vedere l'immagine complessiva (c'è qualcosa d'altro prima della produzione e dopo il consumo ecc..);

3) coltivare la natura umana (siamo un insieme di anime diverse, tante volte anche in conflitto tra loro);

4) comprendere i sistemi;

5) progettare per distribuire;

6) creare un'economia circolare per rigenerare;

7) essere agnostici riguardo alla crescita, ossia passare da economie che hanno bisogno di crescere, indipendentemente dal fatto che ci facciano o meno prosperare, a economie che ci facciano prosperare, indipendentemente dal fatto che ci facciano crescere.


1 Cambiare obbiettivo

Il Pil rappresenta il valore di mercato dei beni e dei servizi prodotti all'interno di una nazione. Una delle definizioni più comuni di economia è: "la scienza che studia come la società gestisce le sue risorse scarse". Prima di tutto, attraverso questa definizione, acquisisce il prestigio di essere scienza. E poi si affranca completamente dalla questione degli scopi da raggiungere. Questo sarebbe un passo avanti, almeno secondo la scuola di Chicago, perché sgancia l'economia dalla difficoltà di accordarsi sui valori. La rende una scienza neutrale. Le utilità, come indicatori di soddisfazione, possono essere misurate soggettivamente. L'economia ha così deciso di definirsi come scienza del comportamento e ha adottato come modello umano l'uomo economico razionale, un'astrazione che non ha alcun riscontro nella realtà.

Il Pil ebbe il merito di permettere al presidente Roosvelt di monitorare l'andamento dell'economia americana all'indomani della "grande depressione" e valutare gli effetti delle politiche del suo new deal. E, poco tempo dopo, con l'entrata in guerra, i calcoli del Pil si rivelarono fondamentali per convertire un'economia industriale competitiva in un'economia militare pianificata. E poi ancora, all'epoca della guerra fredda, il Pil servì per mettere a confronto i meriti di sistemi rivali basati sull'economia di mercato rispetto a sistemi retti da una pianificazione centralistica.

Lo stesso Kuznets, però, l'inventore del Pil, sosteneva che bisogna distinguere tra quantità e qualità della crescita, tra costi e benefici, tra breve e lungo termine, crescita di cosa e per cosa...Si parla di efficienza, produttività, ma si stenta a parlare di finalità e valori. Per A. Sen l'obbiettivo dello sviluppo dovrebbe essere il miglioramento della ricchezza della vita umana, aumentare le possibilità delle persone... Lo sviluppo economico globale ha comportato un drastico aumento nell'utilizzazione delle risorse della terra, dovuto principalmente agli stili di vita dei Paesi ad alto reddito, imitati dalla classe media globale che è in rapida crescita. Tra il 1950 e il 2010 la popolazione è triplicata, il Pil mondiale è cresciuto di 7 volte, il consumo di acqua dolce si è più che triplicato, l'impiego di energia è quadruplicato e l'uso di fertilizzanti si è decuplicato. Da un punto di vista climatico, saremmo in una fase favorevole di stabilità che potrebbe permanere nei prossimi 50.000 anni grazie alla forma insolitamente circolare dell'orbita che la terra sta compiendo intorno al sole. Ma a causa del nostro impatto, siamo entrati nell'era dell'antropocene, un territorio nuovo che non riusciamo a governare.

Dobbiamo affrontare i problemi secondo una prospettiva sistemica tenendo conto delle interazioni e delle reciproche influenze. Siamo di fronte a problemi complessi. Nel mondo ci sono fame, analfabetismo, persone che non hanno accesso a acqua potabile, latrine, a un'istruzione superiore. Siamo, comunque, la prima generazione in grado di riconoscere la minaccia che incombe sulla capacità del sistema terra di sostenere lo sviluppo umano. Esistono 5 fattori chiave che condizionano la possibilità di muoverci in uno spazio sicuro, socialmente equo e rispettoso per l'ambiente:

1) popolazione (fortunatamente il tasso di crescita è precipitato dal 1971);

2) la distribuzione (gli estremi della disuguaglianza spingono l'umanità al di là di entrambi i confini dello spazio sicuro);

3) l'aspirazione (siamo spinti verso consumi voluttuari, avvertiamo la mancanza di tanti oggetti che non sono essenziali);

4) la tecnologia (ad esempio, nei trasporti, nell'energia, nell'isolamento degli edifici, nel risparmio di acqua potabile e irrigua);

5) governance (per attenuare le disuguaglianze, per orientare la ricerca, l'uso delle teconologia, per rispettare i diritti umani e i sistemi naturali, per adottare un'idea diversa di economia...)


2 vedere l'immagine complessiva

Il diagramma di flusso circolare dell'economia ha contribuito a fondare il campo della modellistica macro-economica.

Non compaiono, però, né l'energia, né i materiali da cui dipende l'economia, né la società in cui si svolgono le attività economiche.

La fede cieca nel mercato, propria del neoliberismo, ha ignorato natura, società e il potere incontrollato delle banche. Così facendo ci ha condotto sull'orlo del baratro ecologico, sociale e finanziario.

L'economia dipende dalla terra come fonte di risorse e come discarica per i suoi rifiuti. L'economia dipende dalla società, dal capitale sociale, dalla cultura, la coesione, le relazioni. C'è una relazione di interdipendenza tra la vivacità di un'economia e il capitale sociale.

In ambito economico esistono 4 sfere di approvvigionamento (ndr offerta): famiglie, mercato, beni comuni, Stato.

1 Nella famiglia si pratica l'economia del lavoro gratuito, dell'amore, dell'accudimento... E' l'economia fondamentale che rende possibile tutto l resto. E' importante sostenerla con asili nido, permessi di paternità e maternità, scuola, centri per la gioventù...

2 mercato. Distribuisce beni, servizi, informazioni. Ma bisogna definire e delimitare il suo territorio. Nel mercato ha valore solo ciò che ha un prezzo e si rifornisce solo chi può pagare. Degrada il mondo vivente abusando delle sue risorse e delle sue capacità di assorbimento. Non riesce a fornire beni essenziali come istruzione, vaccini, strade, ferrovie. Va regolamentato da norme politiche, legali, culturali (ndr norme tecniche-professionali, etiche, giuridiche..)

3 Beni comuni sono risorse naturali o sociali condivisibili, gestite da comunità chiaramente definite che concordano collettivamente regole e sanzioni per un uso ottimale. Es. pascoli, foreste, bacini idrici, zone di pesca (Naturali). Beni comuni sociali hanno a che fare col capitale umano, la cultura, la coesione, le tradizioni... Beni comuni digitali: sw open source, conoscenza acquisita, informazioni, istruzione online gratuita, manifattura distribuita con stampanti 3 D (rivoluzione a costo marginale 0)

4 Lo Stato non ha solo il ruolo di difesa della nazione o di tutela dei diritti di proprietà privata. Fornisce welfare, istruzione, assistenza sociale, servizi sanitari.. Dovrebbe creare le condizioni affinché i beni comuni possano esprimere il loro potenziale collaborativo e vengano tutelati. La finanza deve rimettersi al servizio della economia produttiva e della società. Così come non esiste il libero mercato, neppure esiste il libero commercio trans-nazionale. Bisogna cooperare affinché questi flussi sino vantaggiosi per tutti. 

Per scoprire chi comanda bisogna risalire ai finanziamenti delle campagne elettorali.

L'economia va riprogettata per distribuire non solo i redditi, ma anche la ricchezza.

Essere consapevoli delle diverse fonti di ricchezza (famiglia, mercato, beni comuni, Stato) potrebbe portarci a chiedere, volta per volta quale di queste sia la più adatta a distribuire i beni necessari a soddisfare desideri e bisogni umani. E come le 4 fonti possano collaborare più efficacemente tra loro. Ad esempio, il mercato coi beni comuni, lo Stato con le famiglie, i beni comuni con lo Stato. 

Non dobbiamo dimenticarci né dell'energia, né dei materiali da cui dipende l'economia, né della società in cui si svolgono le attività economiche. Non dobbiamo occultare pezzi significativi della immagine complessiva. Tutto dipende dalla verità dei modi in cui ci rappresentiamo la realtà dei vari pezzi di mondo e dal significato che attribuiamo a questa realtà che abbiamo conosciuto.


3 Coltivare la natura umana

L'uomo economico, razionale, calcolatore, solitario, competitivo, egoista insaziabile è il protagonista di ogni libro di testo di economia. Rappresenta la più piccola unità di analisi nella teoria economica, l'equivalente dell'atomo nella fisica newtoniana. Ma questo ritratto che si fa dell'uomo non è veritiero. Se mai, è una caricatura. E dall'avere dipinto questa caricatura dell'umanità dipende il fatto che abbiamo ben poche speranze di tutelare i diritti umani e avere cura del nostro pianeta. Tanto più che questo personaggio da cartone animato si è trasformato nel tempo in un modello normativo di comportamento da seguire per i reali attori economici. Non si deve dimenticare come le nostre convinzioni sulla natura umana contribuiscano a plasmare la stessa natura umana. Se ci aspettiamo il peggio dagli altri siamo portati a far emergere il peggio anche da noi stessi. L'uomo, in realtà, nasce buono a nulla e diventa poi capace di tutto. Dipende dalle esperienze cui è esposto. Non esistono solo relazioni di scambio, ma anche di reciprocità e di dono, gratuità.

Gli studi di economia comportamentale evidenziano i tipi di distorsioni cognitive che provocano deviazioni sistematiche dal modello teorico di "razionalità". Ad esempio, bias di disponibilità (prendiamo decisioni sulla base delle informazioni più recenti e più accessibili); avversione alla perdita; attenzione selettiva (prestiamo attenzione a ciò che rinforza le nostre convinzioni); valutazione errata del rischio (sovrastimiamo la p di eventi estremi e sottostimiamo quella di eventi più usuali). 

I politici che cercano di promuovere comportamenti migliori dovrebbero incoraggiare una combinazione tra euristiche basate su una maggiore consapevolezza dei rischi e incentivi comportamentali.

Non bisogna sopravvalutare l'importanza dei prezzi e degli incentivi monetari , sottovalutando il ruolo dei nostri valori, del senso di reciprocità, del network e delle euristiche. Gli incentivi monetari, anziché rafforzare le motivazioni intrinseche legate ai valori in cui crediamo, le spengono sostituendole e soffocandole col denaro. Come dice Sandel, esistono delle sfere cui il mercato deve restare estraneo perché rischia di corromperle. Devono acquistare una maggiore importanza parole come vicino, membro della comunità, comunità di nazioni, cittadino globale. Sono preziose per assicurare un futuro economico sicuro ed equo. Bisogna chiedersi quali sono i valori, le euristiche, le regole e i network che modellano il comportamento umano e come potrebbero essere coltivate. Nelle comunità a basso reddito ma ricche di capitale sociale l'attivazione delle norme sociali può avere effetti di ampia portata. Se si vogliono ottenere cambiamenti comportamentali duraturi e profondi bisogna far leva sui valori e le identità delle persone, non sul loro portafoglio o il loro budget.


4 Imparare a capire i sistemi

L'economia non è una scienza esatta come la fisica o la chimica. Tenta di camuffarsi come tale basandosi su assunti del tutto improbabili come la competizione perfetta, la piena consapevolezza e razionalità del consumatore. In realtà, invece, l'economia non risponde a leggi universali, astoriche e atemporali, sempre uguali a se stesse. E' una scienza sociale che inquadra l'economia come un sistema adattativo complesso, fatto di esseri umani interdipendenti che agiscono in un mondo vivente dinamico.

La scienza può aiutarci a comprendere:

 sia i problemi nella sfera della semplicità che coinvolgono solo poche variabili connesse da una causalità lineare; 

sia anche i problemi caotici o di complessità disorganizzata in cui sono coinvolte milioni di variabili casuali, come il moto della molecole in un gas o le previsioni del tempo a lungo termine. Questi problemi possono essere analizzati attraverso la statistica e il calcolo delle probabilità;

sia, infine, i problemi di complessità organizzata che comprendono un numero consistente di variabili correlate tra loro in un tutto organico. Sono di questo tipo molti problemi biologici, ecologici, economici, sociali, politici dell'umanità.

Dagli anni 70 ci aiuta la scienza della complessità che studia come le relazioni delle parti di un sistema determinano il comportamento del tutto. Un sistema è un insieme di elementi che interagiscono per perseguire determinati scopi. Sono le relazioni tra le parti, modellate dalle scorte e dai flussi e dalle retroazioni e i ritardi che generano le proprietà emergenti di un sistema adattativo complesso. Le retroazioni possono essere positive o negative, rinforzanti o equilibratrici (esplosive o collassanti, oppure stabilizzanti). Va abbandonata la nozione di esternalità, ossia di un effetto collaterale, marginale, accidentale subito da persone non coinvolte nelle transazioni che lo hanno provocato. Le esternalità del XX secolo hanno finito per provocare crisi ecologiche e sociali nel XXI secolo. Siamo in presenza del fenomeno della riflessività dei mercati per cui le opinioni dei partecipanti influiscono sul corso degli eventi e il corso degli eventi influisce sulle opinioni dei partecipanti.

Esempio, per comprendere l'effetto serra occorre tener conto dei flussi che si scaricano in atmosfera nel tempo, della scorta già accumulata e della quantità di gas serra che le piante possono assorbire nel tempo. C'è una divergenza tra gli interessi a breve termine di una élite che decide e gli interessi a lungo termina della società  Crisi ecologica: cambiamenti climatici, inquinamento chimico, acidificazione degli oceani, perdita di bio-diversità...

I mercato non si autoregolamentano. Vanno seguiti con attenzione, passo passo e progettati e riprogettati, attingendo a una vasta gamma di politiche, intese come esperimenti che contribuiscono a modellare l'evoluzione dell'economia e della società nel tempo.

E' un approccio che punta a imitare il processo della selezione naturale spesso sintetizzato in :

- 1 diversificare

- 2 selezionare

-3 amplificare.

1 organizzare esperimenti su piccola scala (politiche) per provare gli effetti di una serie di interventi;

2 interrompere quelli che non funzionano

3 ampliare quelli che funzionano. 

Si abbandona l'economia meccanica, si abbraccia quella biologica. I sistemi efficaci hanno 3 proprietà:

1 giusta gerarchia (i sottosistemi sono al servizio del tutto di cui sono parte; la finanza è al servizio dell'economia produttiva e questa è al servizio della vita.

2 auto-organizazione (si verifica nel mercato attraverso lo strumento dei prezzi, ma anche nei beni comuni e nelle famiglie. Lo Stato dovrebbe sostenerli tutti e 3 affinché soddisfino i desideri e i bisogni delle persone

3 resilienza (capacità di sopportare gli stress e tornare alle condizioni iniziali).

L'economia dovrebbe diventare etica come la medicina perché anche essa ha un grande impatto sulla vita delle persone. Deve operare prudentemente e umilmente, conscia dei suoi limiti, a favore della prosperità umana.

Il futuro non può essere predetto, ma può essere visualizzato e portato con cura alla sua realizzazione in una strategia passo passo composta da diversificazione, selezione, amplificazione.


5 Progettare per distribuire

secondo la curva di Kuznets, la disuguaglianza è il risultato ineluttabile dello sviluppo. Bisogna passare per questa fase se si vuole arrivare a un'economia più ricca ed equa per tutti. Questo implica che prima bisogna concentrare il potere economico nelle mani dei ricchi se si vuole poi aumentare il benessere di tutti.

Questa teoria, però, non ha alcun riscontro nella realtà. La disuguaglianza non è che la conseguenza di una volontà politica, un errore di pianificazione economica che ricade su tutta la società.

Oggi i 3/4 delle persone più povere vivono in Paesi a medio reddito come Cina, India, Indonesia e Nigeria. Anche una parte della popolazione di Paesi ad alto reddito vive in condizioni di povertà assoluta.

Piketty nei suoi studi ha dimostrato come il capitalismo generi automaticamente disuguaglianze arbitrarie e insostenibili. Distinse tra 2 tipi di nuclei familiari: quelli che possiedono il capitale e quelli che possono basarsi solo sui proventi del loro lavoro. La rendita del capitale è cresciuta più velocemente del tasso di incremento del reddito da lavoro. Ciò ha generato una progressiva concentrazione di ricchezza. "Le società in cui la disuguaglianza è maggiore hanno una crescita economica più lenta e più fragile." "We do not have to live with the scourge of inequality. Finacial Times 3-3-14.......

Bisogna progettare adeguatamente con lo scopo di distribuire diffusamente reddito, ricchezza, tempo e potere (fatto di denaro, forza e conoscenza).

A questo proposito, lo sviluppo economico deve concentrarsi di più sulla crescita del capitale umano comunitario e del business su piccola scala. Tetto agli stipendi, salari minimi, progressività fiscale autentica, tasse + alte su interessi, rendite e dividendi. Occorre anche una diversa distribuzione della ricchezza.

1 La redistribuzione della proprietà terriera è stata, nel tempo, un mezzo per diminuire le disuguaglianze nazionali. Non esiste una panacea per gestire bene la terra: né il mercato, né i beni comuni, né lo Stato possono fornire da soli una soluzione ottimale. Bisogna costruirsi le soluzioni adatte ai luoghi e alle persone.

2 Il Denaro. Il privilegio di creare denaro è stato ceduto alle banche commerciali che lo esercitano quando offrono prestiti o linee di credito. Finanzieri e banchieri accumulano ricchezze enormi attraverso le rendite dei loro prestiti. Le banche centrali potrebbero convogliare denaro nelle banche nazionali finalizzandolo a progetti di infrastrutture verdi e sociali.

Ci sono anche le banche del tempo in cui i cittadini possono guadagnare o spendere i crediti del tempo di cura. Ognuno viene sollecitato a costruirsi una "pensione di tempo".

3) Lavoro. dagli anni 80 il Pil è cresciuto più velocemente dei salari medi dei lavoratori. Le aziende di proprietà dei lavoratori e le cooperative che appartengono ai loro membri offrono salari migliori, maggiore sicurezza e partecipazione alle scelte

4 Robotica e automazione. La rivoluzione digitale ha fatto sorgere un'era di comunicazione a costi marginali quasi nulli. Si è avviato anche un progressivo disaccopiamento tra produttività e posti di lavoro. Sono rimasti pochi posti altamente specialistici, molti posti di bassa qualifica e ben poco nel mezzo. Bisognerebbe passare dalla tassazione del lavoro alla tassazione delle risorse non rinnovabili. Bisogna investire nello sviluppo di competenze che sono prerogative degli esseri umani come creatività, empatia.. Bisogna pensare a un reddito di base universale. Altri propongono un dividendo universale sui robot. Abbiamo investito ingenti quantità di denaro pubblico in ricerca e sviluppo. Dovrebbe esserci un ritorno che potrebbe derivare anche dai brevetti in comproprietà pubblico-privato.

5 Le idee. Il regime internazionale dei diritti di proprietà intellettuale ha condizionato per secoli il controllo e la distribuzione della conoscenza. La nascita dei brevetti diede impulso anche alla rivoluzione industriale. Ma si incominciò anche a colonizzare la conoscenza tradizionale che costituisce, invece, un bene comune. Oggi, vanno a vantaggio soprattutto delle grandi aziende, degli avvocati specializzati, non certo dei piccoli innovatori né dell'avanzamento delle conoscenze. Si deve fare leva su progetti, tecnologia open source specialmente per medicina, istruzione.. Il bene comune della conoscenza ha bisogno dello Stato che deve investire sulla ingegnosità, ridimensionare le pretese delle aziende sulla proprietà intellettuale, finanziare con fondi pubblici spazi di produzione comunitari dove sperimentare l'uso di stampanti 3 D e degli strumenti essenziali per la costruzione di Hw.

Si prevede che nel 2018 5,5 miliardi di persone utilizzeranno telefoni cellulari e che il mobile banking diventerà parte delle applicazioni: sarà così possibile creare una rubrica telefonica delle persone più povere e inviare direttamente denaro digitale con un messaggio di testo.

Oggi esistono al mondo oltre 2000 miliardari. Basterebbe una tassa pari all'1,5 % del loro patrimonio netto per procurare 74 miliardi all'anno. Occorre un sistema fiscale globale. Si può aggiungere una tassa sulle industrie dannose, sulle transazioni finanziarie speculative, una carbon tax globale.

L'accesso al bene comune della conoscenza sarà uno degli strumenti più incisivi per redistribuire ricchezza.


6 Creare per rigenerare

Così come è sbagliata la curva di Kuznets per quanto riguarda la disuguaglianza, allo stesso modo è erronea la curva ambientale. Non è vero che si deve attraversare una fase di maggiore inquinamento per poi progredire verso traguardi più ecologici. Anche perché l'umanità non sopravviverebbe al raggiungimento del suo picco. E' vero, piuttosto, che bisogna promuovere economie che siano rigenerative per progetto, ripristinando i cicli vitali da cui dipende il benessere dell'umanità. L'idea che con lo sviluppo si pulisce ciò che si inquina e si rimpiazza ciò che si è esaurito non sta in piedi.

Dobbiamo passare da un sistema industriale la cui progettazione è intrinsecamente degenerativa (basato sugli stadi successivi che si possono classificare come "prendere, lavorare, usare, buttare via") a una logica di progettazione rigenerativa.

Si dovrebbe cambiare radicalmente, ma alcune aziende reagiscono senza fare nulla, altre riducono le emissioni di gas serra e i consumi di acqua, anche perché così si ottiene una maggiore efficienza, altre fanno la propria parte nella conversione alla sostenibilità, altre puntano a un impatto ambientale nullo. Ma si potrebbe essere ancora più generosi e produrre più energia e acqua pulita di quella che si consuma. La metamorfosi da una progettazione degenarativa a una progettazione rigenerativa si attua attraverso un'economia circolare che considera i materiali di lavorazione appartenenti  al ciclo biologico o al ciclo tecnico e, in quanto tali, li usa indefinitamente attraverso cicli di utilizzo e rinnovamento.

Alla base di tutto questo deve stare un'altra concezione del valore economico. Esso non coincide col flusso di beni e servizi sintetizzabile nel Pil, ma nella ricchezza dei beni prodotti, nel capitale sociale, nelle caratteristiche della biosfera, nella conoscenza, nel benessere diffuso.

Approcci tipici dell'economia circolare sono produzione a zero rifiuti, vendita di servizi invece che prodotti, recupero dei beni dello stesso marchio per il ripristino e la rivendita. 

La progettazione industriale rigenerativa è possibile solo nell'ambito di una progettazione economica rigenerativa che ridefinisca gli scopi del business (secondo Milton Friedman 1970 la responsabilità sociale del business è incrementare i propri guadagni) e della finanza e riequilibri i ruoli del mercato, dello Stato, dei beni comuni e della famiglia.

La produzione circolare deve essere open source, basata su una conoscenza condivisa e fedele ai principi della modularità (prodotti facilmente assemblabili) standardizzati (di forma e dimensioni comuni) open source (piena accessibilità alle informazioni necessarie) e dati aperti (documentare la disponibilità e la dislocazione dei materiali).

NB nella definizione dello scopo del business di un'azienda va inclusa la tutela dei diritti umani e del cambiamento sociale e ambientale. La finanza deve essere a sua volta al servizio della vita dato che va destinata al servizio dell'economia produttiva e, questa ultima, deve essere al servizio della vita umana e dell'ambiente.

Vanno separate le banche di deposito da quelle di affari. La finanza al servizio della vita va oltre la riprogettazione degli investimenti. Arriva fino alla riprogettazione della moneta. Le monete complementari possono diventare strumenti utili per affrontare problemi ambientali e sociali. Vedi esempio pag 239. Lio Stato, attraverso norme e tasse, ha una parte da protagonista nell'avviare questa metamorfosi rigenerativa. Ad esempio, non tassando il lavoro e non agevolando l'istallazione dei robot, tassando le risorse non rinnovabili, imponendo l'uso esclusivo di sostanze chimiche non nocive. Ci sono esempi interessanti in Cina e Ohio.


7 Essere agnostici sulla crescita

Sembra paradossale, ma nessun Paese ha mai sconfitto la povertà o il degrado ambientale grazie alla crescita del Pil. L'insegnamento che se ne deve trarre è che bisogna progettare un'economia che promuova il benessere umano e la tutela ambientale indipendentemente dal fatto che il Pil cresca, diminuisca o resti stabile. Contenere la povertà e rispettare l'ambiente sono il risultato di scelte politiche esplicite. 

Secondo il pensiero condiviso dalla maggior parte degli economisti, la curva delle crescita nelle nostre società non può che essere esponenziale: il Pil cresce periodicamente di una percentuale fissa rispetto al suo valore attuale. Ma la crescita esponenziale implica che qualcosa cresca molto e lo faccia molto rapidamente. Ad esempio, un tasso di crescita del 10% comporta che si raddoppi ogni 7 anni... Come diceva J. Stuart Mill a metà 800 l'aumento della ricchezza non può essere illimitato. Una condizione stazionaria per il capitale e la popolazione non implica uno stato stazionario per il progresso della umanità. Ci sarebbe più spazio per la cultura, il progresso morale e sociale, l'arte di vivere, una volta liberi dall'affanno dell'aumento della produzione e dell'accumulo. Gli stessi sentimenti animavano anche J. Maynard Keines circa 1 secolo dopo. Più che da una curva esponenziale la crescita dovrebbe essere rappresentata da una curva a S, logistica. I Paesi in via di sviluppo si troverebbero vicini al bordo inferiore, quelli più industrializzati, invece, sarebbero prossimi al bordo superiore. Il tasso di crescita media dei Paesi dell'Oecd è sceso da oltre il 5% dell'inizio degli anni 60 a meno del 2% nel 2011. Altri confidano che la crescita possa continuare, disaccopiandola dagli impatti ecologici. In altre parole, il Pil potrebbe crescere, ma l'uso di risorse ad esso associato (uso di acqua dolce, fertilizzanti, emissioni di gas serra) potrebbe diminuire. In termini relativi o assoluti?

Alcuni climatologi giudicano sufficiente un disaccopiamento assoluto con un tasso di diminuzione almeno dell'8-10% annuo. Ciò sarebbe reso possibile dall'uso di fonti rinnovabili per l'energia, dalla economia circolare, dal passaggio all'economia immateriale, dalla produzione ai servizi..

Ammesso che sia troppo presto per escludere un disaccopiamento assoluto sufficiente di quella entità, è però troppo tardi per affidarsi alla convinzione che possa realizzarsi. La straordinaria crescita del Pil a livello globale e nei Paesi ad alto reddito è stata dovuta soprattutto a una condizione straordinaria: la disponibilità di combustibili fossili a basso prezzo. L'energia contenuta in meno di 4 l di petrolio equivale a 47 giorni di duro lavoro umano... E' una condizione difficilmente ripetibile. Ma la nostra società come le nostre economie si sono evolute basandosi sulla crescita e hanno finito per dipenderne. Come possono finanza, business e governo farne a meno? Tentare di sostenere la crescita in un'economia prossima alla maturità può indurre i governi ad adottare misure disperate come deregolamentazione, investimenti nella finanza speculativa, erosione del welfare.

La finanza dipende dalla crescita perché le attività finanziarie si basano sul tasso di ritorno degli investimenti. 

Aristotele, invece, sosteneva che il denaro è stato concepito per essere usato nello scambio, non per aumentare grazie agli interessi. Il denaro, se mai, dovrebbe mantenere il suo valore nel tempo. 

Anche la politica dipende dalla crescita:

a) per via della speranza di far crescere gli introiti senza aumentare le tasse

b) per la paura della disoccupazione.

La politica dovrebbe parlare di investimenti pubblici invece che di spesa pubblica; e di giustizi fiscale, anziché di inasprimenti fiscali. Per quanto riguarda la disoccupazione, oggi non è più possibile aspettarsi che il tasso di crescita del Pil tenga il passo coi licenziamenti legati all'automazione. Ecco perché bisognerebbe ricorrere a un reddito di base universale e a una riduzione dell'orario di lavoro. Keines profetizzava che nel XXI secolo sarebbe bastata una settimana lavorativa di 15 ore.

La gerarchia nell'ambito dell'Onu dovrebbe essere stabilita non sul Pil, ma sull'indice di sviluppo umano! La dipendenza della politica dalla crescita è spiegata dal fatto che la crescita serve a procrastinare indefinitamente la necessità della redistribuzione di reddito e ricchezza. Finché c'è crescita c'è speranza e questo rende tollerabili le grandi disparità di reddito. Le disuguaglianze di reddito vengono spacciate come funzionali alla crescita e, in base a ciò, si sostiene di dover puntare sulla crescita, non sulla redistribuzione.

Le nostre aspirazioni non possono limitarsi a possedere di più. Dovremmo migliorare le nostre relazioni con gli altri, essere fisicamente attivi, informarci sul mondo, apprendere nuove abilità e donare agli altri.


Siamo tutti economisti


La nostra generazione è la prima che ha compreso appieno il danno recato al pianeta e, probabilmente, anche l'ultima che ha la possibilità di porvi rimedio. Sappiamo anche di avere a disposizione conoscenza, tecnologia e mezzi finanziari per sanare la piaga della fame e della povertà estrema.

Nello stesso tempo, il movimento degli economisti del XXI secolo, sulla scia di pensatori come J.Stuart Mill, J. Maynard Keines e Joseph Stiglitz, integra l'economia nella società e nel mondo vivente riconoscendo i suoi legami con tante altre discipline che vanno dalla sociologia alla ecologia, psiciologia, biologia... L'economia, che è il linguaggio delle politiche pubbliche, si può preparare, così, ad affrontare i maggiori problemi del nostro tempo in dialogo con altri saperi. E' tempo di scrivere una nuova storia politica utilizzando il linguaggio di una nuova economia.






.....Sempre riguardo ai rimedi possibili, i cosiddetti economisti del XXI secolo, ben rappresentati da Kate Raworth (10), ci offrono ulteriori e sostanziali contributi. L'attenzione, questa volta, viene focalizzata oltre che sul degrado sociale cui occorre rimediare, sui guasti recati all'ambiente. Non è più possibile che l'economia neo-classica trascuri tutto ciò che succede prima della produzione e dopo il consumo, e continui a concepire la Terra come una fonte inesauribile di risorse, da una parte, e un'immensa discarica di rifiuti, dall'altra.

Nei primi anni del XXI secolo è nata la scienza della sostenibilità che integra diverse discipline, dalla fisica alla chimica, la biologia, l'ecologia, le scienze sociali, l'ecologia economica e industriale. Essa cerca di definire uno spazio operativo sicuro, oltre che giusto, per non oltrepassare punti di non ritorno, al di là delle capacità rigenerative dei nostri sistemi naturali. Oggi, l'Agenda 2030 e i 17 obbiettivi dello sviluppo sostenibile approvati dalle Nazioni unite nel 2015, tengono conto di queste nuove concezioni. La contabilità economica non può che essere parte della contabilità ecologica, in modo che il valore dei beni comuni e la loro dimensione inter-generazionale non vengano intaccate ad opera di alcun intervento predatorio.

Queste attenzioni per beni che travalicano i confini degli Stati non possono più essere considerate come attentati alla sovranità nazionale, perché rispettano gli interessi di tutta l'umanità.

L'economia è ormai diventata il linguaggio delle politiche pubbliche, la cornice concettuale che modella il modo in cui pensiamo, sentiamo e agiamo. Da qualche anno detiene il merito di aver elaborato un nuovo pensiero, in risposta ai problemi più gravi, agli obbiettivi più a lungo termine e più importanti per l'umanità. Il nuovo pensiero economico può essere rappresentato graficamente nell'immagine di una ciambella (si veda la figura seguente). Lo spazio vuoto all'interno delimita l'ambito che si trova al di sotto di una soglia di benessere in cui nessuno dovrebbe più precipitare, in nome del rispetto dei diritti umani: è l'ambito della povertà, della fame e dell'analfabetismo. Lo spazio vuoto esterno alla ciambella indica, invece, un tetto al di sopra del quale la pressione sui sistemi ecologici diventa insostenibile. La ciambella vera e propria rappresenta lo spazio operativo sicuro e giusto che concilia il rispetto dei diritti umani con la tutela dell'ambiente. E' l'ambito in cui operare nel rispetto di 7 principi che caratterizzano l'economia del XXI secolo: principi che sanciscono il passaggio da un'economia che ha bisogno di crescere per sopravvivere (indipendentemente dal fatto che procuri o meno benessere diffuso) a un'economia che deve, invece, procurare benessere diffuso, indipendentemente dal fatto che cresca o meno. Uno dei principi della nuova disciplina economica critica, infatti, l'obbiettivo di una crescita infinita del Pil, che sembra, nonostante la sua illusorietà, essere invocato da tutti i governi, e proclama, a questo riguardo, un sano agnosticismo.




  fig. 1