Smil Vaclav. Come funziona davvero il mondo. Einaudi, Torino 2022.



Introduzione

 Abbiamo assistito a straordinari progressi. Basterebbe pensare al tenore di vita e alle migliori condizioni di salute che abbiamo raggiunto. Ma i beneficiari di queste circostanze assommano a circa 1/5 dell’umanità. Per fare un esempio delle estreme disuguaglianze che affliggono l’umanità, nel 2020 la fornitura di energia pro-capite per il 40% più povero della popolazione mondiale (3,1 miliardi di persone) equivaleva alla fornitura pro-capite di Francia e Germania insieme nel lontano 1860. La domanda è: come possiamo estendere quei benefici al resto dell’umanità, garantendoli anche alle generazioni future? E’ un’impresa ardua anche perché pochi sanno come funziona veramente il mondo. Era molto diverso nel 1500 a Firenze, in Piazza della Signoria e anche a metà del 700 quando Diderot (filosofo) e D’Alambert (fisico) pubblicarono l’Enciclopedie. Oggi prevale l’atomizzazione del sapere che non ha reso più semplice prendere decisioni di ordine pubblico. Ci sarebbe bisogno di scienziati moderni capaci di scrutare vasti orizzonti (Ndr potrebbero assomigliare ai filosofi della scienza?). E possono esserci opinioni diverse anche all’interno di un singolo ambito di saperi. Ad esempio, a fine marzo 2020 l’Oms suggeriva di non indossare la mascherina a meno che si trattasse di una persona infetta. La rettifica di questa posizione arrivò solo ai primi di giugno. La nostra è una civiltà basata sui combustibili fossili. La completa decarbonizzazione entro il 2050 è concepibile solo come risultato di trasformazioni estremamente rapide accompagnate da rilevanti progressi tecnici. Non bisogna, poi, dimenticare che i 4 pilastri della civiltà moderna, ossia ammoniaca, cemento, plastica e acciaio hanno bisogno dei combustibili fossili per la loro produzione, non solo in termini di fonte di energia. 

1 Comprendere l’energia 

In termini fisici, qualsiasi processo, dalla pioggia allo sviluppo del cervello, può essere definito come una sequenza di conversioni energetiche. All’inizio dell’età moderna il 90% dell’energia meccanica era fornito da esseri viventi, per metà umana e, per il resto, da altri animali. Tutta l’energia termica proveniva da combustibili di origine vegetale. Fu in Inghilterra, a inizio del 600 che il carbone superò i combustibili di origine vegetale per la produzione di energia termica. Oggi, l’abitante medio della Terra ha a disposizione 800 kg di petrolio. In termini di lavoro fisico è come se 60 persone, giorno e notte, lavorassero ininterrottamente solo per noi. Abbiamo accesso a quantitativi di energia senza precedenti. L’unità di misura è il newton che si definisce come la forza necessaria per imprimere alla massa di un Kg l’accelerazione di un metro al secondo in un secondo. La potenza è l’energia nell’unità di tempo. La sua unità di misura è il watt, ossia joule diviso per 1 secondo. Un joule è la forza di un newton come misura dell’energia, ossia della capacità di compiere un lavoro. L’energia esiste in varie forme: cinetica, luminosa, termica, chimica. Per renderla utilizzabile abbiamo bisogno di convertire una forma nell’altra. Ad esempio, l’energia chimica della cera viene convertita in energia radiante; l’energia chimica dei combustibili viene convertita in energia termica e, poi, in energia elettrica tramite la rotazione delle turbine. Per la sintesi dell’ammoniaca l’idrogeno viene ricavato dal gas metano. Le plastiche derivano dal petrolio. L’energia chimica del cibo viene convertita in altra energia chimica, tramite la digestione e, poi, in energia cinetica tramite i muscoli e in energia termica. Secondo il primo principio della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge. Il secondo principio insegna che qualsiasi processo di conversione energetica comporta la dissipazione di una quantità di calore a bassa temperatura. Non c’è perdita di energia, ma diminuisce la sua utilità, intesa come capacità di compiere un lavoro utile. L’energia necessaria per un uomo adulto a riposo equivale a 80 watt, ossia 80 joule al secondo. Il passaggio da un sistema basato sul carbone a un sistema incentrato sul petrolio ebbe inizio a metà del 900. Le fonti rinnovabili hanno bisogno di un sistema di stoccaggio o di linee elettriche di trasmissione ad alta tensione che attraversino zone con diversi fusi orari. Per contenere il riscaldamento entro 1,5° C di qui a fine secolo rispetto all’era pre-industriale, dobbiamo azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. Si deve pensare alla cattura di vaste quantità di CO2 e alla piantumazione di una quantità esorbitante di alberi. La Germania dal 2000 ha decuplicato la propria capacità eolica e solare e aumentato la quota di energia rinnovabile dall’11% al 40% della produzione totale. Nel 2019 negli Usa si doveva ai combustibili fossili ancora l’80% della fornitura totale di energia. I Paesi ad alto reddito dovrebbero farcela a usare qualsiasi tipo di energia in quantità inferiori, confidando sui progressi tecnologici e su una superiore efficienza. Ma come possiamo immaginare che i Paesi a reddito basso e medio basso il cui cittadino oggi consuma solo una piccola frazione rispetto al cittadino dei Paesi ad alto reddito, possa rinunciare alle sue aspirazioni a una qualità di vita migliore?

 2 Comprendere la produzione alimentare 

Nessuna trasformazione è stata così fondamentale per la nostra esistenza come la capacità di produrre, anno dopo anno, una sovrabbondanza di cibo. Ci siamo riusciti attraverso la combinazione di diversi fattori: una maggiore varietà delle colture, la meccanizzazione del lavoro agricolo, le tecniche di irrigazione, fertilizzazione e protezione delle coltivazioni. La produzione di grano oggi richiede circa 2 ore di lavoro umano per ettaro, in confronto con le 150 ore richieste nel 1800, con una produzione di circa 3,5 tonnellate per ettaro.  Il fattore più importante nel determinare la nostra dipendenza dai combustibili fossili è l’utilizzo diretto e indiretto che ne facciamo per la produzione alimentare. La sintesi dei fertilizzanti azotati costituisce il contributo energetico più importante per l’agricoltura moderna. Una fonte naturale di azoto proviene dai batteri presenti nelle radici delle leguminose che producono l’enzima “nitrogenasi”. Esso è responsabile della maggior parte dei processi naturali di fissazione dell’azoto, ossia della scissione della molecola non reattiva N2 e dell’incorporazione dell’azoto nell’ammoniaca che può essere convertita in nitrati solubili. Le leguminose provvedono da sole al loro fabbisogno di azoto. Altre colture possono trarne beneficio tramite la rotazione e il sovescio con colture di alfalfa, veccia, trifoglio, erba medica. Ma la rivoluzione verde nella seconda metà del 900 non avrebbe avuto luogo senza la combinazione di una migliore varietà di piante e di un maggior apporto di azoto tramite i fertilizzanti. La macinazione del grano con la rimozione della crusca toglie circa il 25% della massa dei chicchi. Ottenere un Kg di pane richiede un investimento di 250 ml di gasolio. Per produrre un pollo in 7 settimane di circa 1 kg, servono 3 kg di mais e circa 200 ml di gasolio. Il prezzo di 1 kg di pane bianco è solo del 5% inferiore a quello di un pollo dello stesso peso. I pomodori cresciuti in serra richiedono la maggior quantità di fertilizzanti. Il pesce selvatico a minor impatto ambientale è costituito dalle sardine. Tonno, salmone e spigola sono specie carnivore. Le carpe sono erbivore. L’approvvigionamento alimentare è diventato sempre più dipendente dai combustibili fossili (cereali, pollame, pesce, verdure..). La coltivazione del mais produce circa 11 tonnellate per ettaro. I legumi hanno un rendimento inferiore rispetto a quello dei cereali e sono quindi capaci di nutrire un numero inferiore di persone per ettaro coltivato. L’azoto lasciato sul suolo di una coltura di soia (40-50 kg per ettaro) è inferiore a quello fornito da 75 kg di fertilizzante per le colture di frumento e ai 150 kg per le colture di mais. Il consumo di carne in Giappone si è attestato al di sotto dei 30 kg all’anno. Sulla stessa strada si è incamminata la Francia. La ricerca biologica-vegetale, in ambito di ingegneria genetica,  si è orientata anche verso lo sviluppo di cereali dotati della stessa proprietà delle leguminose, capaci di ospitare sulle loro radici i batteri azoto-fissatori per convertire in nitrati l’azoto atmosferico inerte. Ma non sembra realistico aspettarsi dei risultati pratici nel prossimo futuro.  

3 I quattro pilastri della civiltà moderna   

Cemento, acciaio, plastica e ammoniaca sono i 4 materiali principali su cui si basa la civiltà moderna. Non solo sono indispensabili per il suo funzionamento, ma il loro fabbisogno è sempre crescente. E la loro produzione dipende dai combustibili fossili sia per via della energia ottenuta dalla loro combustione che per la fornitura di materia prime, come avviene nel caso dell’ammoniaca e della plastica. Ammoniaca: circa il 50% dell’azoto utilizzato in agricoltura deriva dall’ammoniaca sintetica. Tanto che il processo di Haber Bosh è considerato la più importante innovazione tecnica della storia. Plastica: la sintesi delle materie plastiche ha inizio dai monomeri che sono uniti a formare lunghe catene di polimeri, a partenza dall’etilene e dal propilene. Acciaio: gli acciai moderni sono leghe il cui componente principale è il ferro. Sono derivati dalla ghisa. Acciaio e cemento sono responsabili, ciascuno, dell’emissione di circa l’8% dell’anidride carbonica complessiva. Il cemento è la componente indispensabile del calcestruzzo, prodotto ad almeno 1450°C dal calcare frantumato (fonte di calcio) argilla, scisto. Il calcestruzzo consiste in una miscela, tenuta insieme dal cemento, fatta di materiali aggregati come sabbia o ghiaia e acqua. Siccome è deteriorabile, nel corso di questo secolo avremo a che fare con processi di riparazione e sostituzione. Molti pavimenti in terra battuta saranno sostituiti dal calcestruzzo. Conclusione: fino a quando tutte le energie impiegate per l’estrazione e la lavorazione di cemento, acciaio, ammoniaca e plastiche non deriveranno esclusivamente da fonti rinnovabili, la civiltà moderna continuerà a dipendere fondamentalmente dai combustibili fossili.   

4 Comprendere la globalizzazione   

Furono i progressi raggiunti nella navigazione intercontinentale, uniti al rapido sviluppo della rete ferroviaria, a partire dal 1840, che diedero impulso alla prima fase di globalizzazione su vasta scala. Gli anni compresi tra il 1950 e il 1973 sono stati caratterizzati da una rapida crescita economica. Ma i benefici derivanti da quell’età dell’oro furono concentrati in modo sproporzionato nell’occidente industrializzato. Fu solo all’inizio degli anni 70 che la globalizzazione si estese alle nazioni che non avevano partecipato alla prima fase. In quell’epoca, infatti, si verificarono cambi di rotta nelle politiche di Cina, Russia e India, accompagnati da abbondanti forniture di energia e mezzi tecnologici e finanziari. Dal 2000 i migliori risultati della globalizzazione sono stati sperimentati oltre che da Russia, Cina e India da alcuni Paesi africani e dal Brasile. Oggi solo il 18% del commercio globale è dovuto alle differenze nazionali nel costo del lavoro. Le catene di valore sono sempre più incentrate sulla conoscenza e su una forza lavoro altamente specializzata. Si tende a concentrare le fasi di progettazione, produzione e distribuzione all’interno di un singolo Paese. 

5 Comprendere i rischi   

Esistono diverse distorsioni nella percezione del rischio. Distorsioni per cui un rischio viene sovrastimato o sottostimato rispetto al suo peso reale. Ad esempio, siamo portati a sovrastimare i rischi involontari, come quello di restare vittime di un attentato terroristico o di essere colpiti da un fulmine. E sottovalutiamo il rischio dovuto alla guida imprudente o al fumo di tabacco. Il rischio è la probabilità dell’accadimento di un determinato evento. Probabilità è il rapporto tra il numero di casi in cui l’evento di interesse si è verificato e il numero totale di eventi possibili quando tutti gli eventi siano equiparabili. (Ndr Per essere più precisi si tiene conto, nel denominatore, del tempo durante il quale le persone sono sottoposte all’accadimento di un evento (persone anno, persone mese…) La mortalità generale è strettamente legata all’età media di una popolazione. Il numero di catastrofi naturali è in ascesa: dal 1950 al 1980 si è registrato un leggero incremento; dal 1980 al 2005 un raddoppio; dal 2005 al 2019 un aumento del 60% (precipitazioni, siccità, incendi..). Tra il 2010 e il 2020 125.000 abitanti degli Stati Uniti sono stati uccisi con armi da fuoco. Nello stesso periodo ci sono stati solo 170 cittadini uccisi in tutti gli attentati terroristici compiuti: una differenza di quasi 3 ordini di grandezza.  

6 Comprendere l’ambiente 

Esistono 3 condizioni necessarie per la nostra sopravvivenza: respirare, bere e mangiare. (Il metano è un gas serra. Un’unità di metano rilasciata nell’aria ha gli stessi effetti di una trentina di unità di anidride carbolica per quanto riguarda l’effetto serra. Già a fine 800 fu scoperto l’effetto serra e fu previsto che le zone tropicali sarebbero state meno interessate dal riscaldamento climatico che avrebbe, invece, colpito soprattutto l’Artide. In termini di media globale, 9 dei 10 anni più caldi li abbiamo sperimentati a partire dal 2005. L’ossigeno per respirare, fortunatamente, non è influenzato dal cambiamento climatico. Per quanto riguarda l’acqua, con un aumento della temperatura fino a 2°C la popolazione esposta a una carenza di risorse idriche potrebbe variare da 500 milioni a 3,1 miliardi. Si può ottenere molto coinvolgendo la popolazione per diminuire la domanda di acqua. Le opportunità di riduzione del consumo energetico in ambito di edifici, trasporti, fabbriche, agricoltura sono enormi e avremmo dovuto iniziare decine di anni fa. L’impegno a ridurre i consumi non necessari, l’inquinamento di aria, acqua e suolo e a creare condizioni migliori di vita dovrebbe essere costante. Non dovrebbe costituire una scelta estemporanea e disperata per evitare una catastrofe. I Suv consumano mediamente il 25% in più delle altre automobili e assommano a 250 milioni di veicoli. Tra il 1989 e il 2019 abbiamo aumentato le emissioni globali di gas serra di origine antropica del 65%. Nonostante questi precedenti, il rapporto IPCC (Intergovernmental panel  on climate change) sull’incremento della temperatura di 1,5°C conta sul fatto che le emissioni globali di CO2 siano dimezzate entro il 2030 e eliminate entro il 2050. Si tratta di obbiettivi irrealistici a meno che siamo disposti a tollerare significative riduzioni del tenore di vita (Ndr cosa significa? Smettere di sprecare 1/3 del cibo prodotto,  smettere di usare l’auto per andare a comprare il giornale; imparare a guidare in un modo più razionale; Smettere di tenere aperte le porte dei negozi d’inverno e d’estate, comprare meno Suv?) nei Paesi ricchi e negare a quelli in via di sviluppo la possibilità di migliorare anche solo per una piccola parte dei progressi ottenuti dalla Cina dagli anni 80 ad oggi. 

7 Comprendere il futuro 

Sebbene la fornitura di energia rinnovabile (solare, eolico, biocarburanti) sia aumentata di 50 volte nei primi 20 anni di questo secolo, il grado di dipendenza dai combustibili fossili è diminuito di poco, a livello mondiale, passando dall’87% all’85% sulla fornitura complessiva di energia. Secondo le proiezioni dell’Onu, la popolazione anziana, entro il 2050, sarà cresciuta, nel mondo, del 70%. In alcuni Paesi ad alto reddito la popolazione sopra i 65 anni sarà 1/3 della popolazione complessiva. Tra tutte le crisi da affrontare, i cambiamenti climatici sono quelli che richiedono gli interventi più urgenti ed efficaci. La prima conferenza dell’Onu sul clima è stata tenuta nel 1992, ma a distanza di 30 anni, non è ancora stato firmato un accordo internazionale con impegni vincolanti relativi alle emissioni annuali di gas serra. Per quanto riguarda l’accordo di Parigi, bisogna sottolineare che il rispetto degli impegni non vincolanti presi comporterebbe un incremento del 50% delle emissioni entro il 2050! Secondo un modello matematico di economia climatica, i primi benefici economici conseguenti alle politiche a favore del clima intraprese negli anni 20 comparirebbero attorno al 2080. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che il futuro sarà costellato di avanzamenti, arretramenti, incidenti di percorso e progressi quasi miracolosi. Ci troviamo nell’era dell’antropocene, per cui molto dipenderà anche da noi.